Davide Rosso ha scritto il romanzo gotico “Messe nere anatomiche su Madonna delle Vigne” (2017), il thrilling “Sonno profondo” (2018) e la true fiction “Voix” (2020). Collabora con La Zona Morta, La Soglia Oscura e Mattatoio n.5.
Nel 1985 Giorgio Manganelli pubblica con Rizzoli Dall’Inferno, oggi ristampato presso Adelphi. Non si tratta della prima discesa del Manga nell’aldilà, ma sicuramente ne è uno dei momenti più minacciosi. Dall’Inferno è un libro (difficile definirlo romanzo o qualunque altra cosa) ostico e ossessivo; la voce disincarnata del narratore si presenta, con molti dubbi, come quella di un morto, di un’anima trapassata per estenuazione.
Mi sono accorto che su Mattatoio n.5 non si è quasi mai parlato di poesia. Nulla di strano, la poesia la scrive chiunque ma non la legge nessuno - tuttavia mi colpiva questa assenza, visto che lo stesso "nostro" Max Boschini ne ha scritta, per l'editore Miraggi di Torino. Personalmente ho avuto un rapporto incostante e di rimozione con la scrittura in versi; ho attraversato lunghi tratti della mia esperienza di lettore senza leggerne un rigo, alternando brevi periodi febbricitanti in cui credo di aver letto tutto, seguiti da altri lunghissimi decenni di assoluta repulsione.
Pasquale Di Palmo, in un delizioso libretto editato per Stampa Alternativa (Lei delira, signor Artaud, 2011), produce un sillabario essenziale per la conoscenza di un autore sfaccettato e complesso come Antonin Artaud. Di queste 21 voci mi colpiscono quelle che fanno riferimento al contesto letterario in cui si è mosso l’autore marsigliese, i suoi interessi per un meraviglioso letterario indagato in modo così personale. Non a caso la prima voce riportata da Di Palmo è proprio quella dell’alchimia, dottrina esoterica tra luce e tenebra che, insieme alla magia, abbonda nei quaderni e nelle lettere del poeta drammaturgo della crudeltà.
Ombre di un passato che non passa. Ombre di tenebra liquida. Ombre di rancore. Dalle pagine degli interni de Il Giornale dell'8 agosto 2022 si commenta la sentenza sulla trattativa Stato – mafia. Nessun reato per i carabinieri del Ros, ombre ingenerose sull'allora Presidente Oscar Luigi Scalfaro. La trattativa tra Scalfaro e Ciampi. Le stragi di Roma e Milano. Il black out a Palazzo Chigi. Me li ricordo.
Scrivo queste note alla pallida luce elettrica della mia lampadina, mentre il mondo esterno si prepara ai nuovi cataclismi provocati dalla pandemia. In questa attualità un po’ cialtrona, abbasso il volume del presente e mi perdo tra le pagine de La papessa del diavolo, scritto da Jehan Sylvius e Pierre de Ruynes e ristampato alcuni anni fa da Castelvecchi nella collana Biblioteca dell'immaginario.
Nel 1992, in occasione dei trent’anni della casa editrice Adelphi, venne lanciata la collana i peradam. Roberto Calasso dichiarò sulle pagine de La Repubblica che "la necessità di una nuova collana nasceva dal bisogno di ripopolare la zona saggistica con qualche iniezione di pensiero. A distanza di 30 anni, Davide Rosso prende in esame alcune recenti uscite, occupandosi di Robert Eisler, Antonin Artaud, Giorgio Manganelli e Emil Cioran.
Giuseppe Tardiola in alcune fertilissime pagine de Il vampiro nella letteratura italiana (1991) accenna - tra i primi – alle misconosciute collane dei Racconti di Dracula e KKK classici dell’orrore, rifacendosi agli accenni fatti prima di lui da Domenico Cammarota Jr (1984) - quando ancora sotto lo pseudonimo di Max Dave si credeva un tale Gaetano Sorrentino? In questi brevi accenni Tardiola si riferisce al ventennio compreso fra gli anni ’50 e ’60 come uno dei più neri e fecondi per la sopravvivenza di una via tutta italiana al fantastico. Cinema, letteratura, fumetti, fotoromanzi, in un gioco di influenze e rimandi testuali tra i vari linguaggi.
La cronaca nera è una colla oleosa che scivola tra i tasti di una macchina da scrivere di qualche cronista di razza; la cronaca nera di un’Italia “povera ma bella” che si apre su grandi fogliettoni del dopoguerra, resa leggendaria dai flash dei fotografi e dalle parole degli scribacchini. Franco Di Bella ci ha fatto sopra un saggio magnifico, uscito in prima edizione per la Sugar nel ’60 (e oggi rieditato dal Milieu edizioni): Italia nera.
Prendo per buono quel che scrivono Marco Malvestio e Valentina Sturli (2019), ossia che l’horror sta vivendo un momento particolarmente fortunato, sia a livello cinematografico che televisivo. Anche la critica sembra essersi rinnovata, traendo slancio da importanti e originali contributi (per limitarci al campo italiano non è possibile ignorare i lavori di Fabrizio Foni, Stefano Lazzarin, Fabio Camilletti e Roberto Curti). E in letteratura? Come si è rinnovato l’horror negli ultimi dieci anni? Vorrei provare a riflettere sulla questione prendendo in esame la serie a fumetti Dylan Dog Color Fest edita dalla Sergio Bonelli dall’agosto del 2007.
Proseguo la disanima dedicata ai racconti erotici da edicola, iniziata qualche settimana fa con la prima parte. L'auspicio è di non urtare la sensibilità di nessuno. Come consuetudine, questo sito ha l'obiettivo di scavare e riportare a galla quanto finito nell'oblio, ma che a nostro avviso merita almeno una traccia, ad uso futuro... ;)
Frugando per le bancarelle dei mercatini si scoprono rarità dimenticate; un po’ di tempo fa ho reperito una prima copia di una collana di romanzi da edicola di cui non avevo mai sentito parlare, poi, nel volgere di un anno, sono riuscito a mettere le mani su 4 numeri (su un totale di una dozzina, di difficilissima reperibilità). Si tratta della collana i demoni, edita da Kermesse editrice (gli stessi della rivista la coppia moderna. Come periodo siamo tra l’ottobre del 1970 e il gennaio 1971. I demoni sono una collana assai interessante per più di un motivo. Anzitutto si tratta di volumetti tascabili (il formato è più grande rispetto a un KKK, e leggermente più piccolo di un Bonelli) composti da un romanzo di 100 pagine e, a seguire, da un fotoromanzo inedito.
Scorrendo il bel volume Bompiani di Saran Alexandrian sulla storia della letteratura erotica, cerco un aggancio per cominciare questo pezzo (pezzo che se stai leggendo, caro lettore, è segno della larghezza di vedute del nostro buon Boschini, uomo colto e di mondo). In realtà i nomi snocciolati da Alexandrian si collegano ben poco a quel di cui voglio parlarvi. Tralasciamo proprio i classici greci e latini, così come gli erotomani cortesi (col loro eros metafisico), o le salaci e deliranti operette rivoluzionarie e controrivoluzionarie di fine ‘700.
Torno sul “gotico minore” di queste collane da edicola degli anni ’60. Uso l’espressione “gotico minore” per polemizzare volutamente con la pretesa di Avati (posta in calce al suo romanzo Il Signor Diavolo e al pasticcio de L’archivio del diavolo) di praticare un “gotico maggiore”. “Maggiore” in cosa? Nella trama? Nella psicologia dei personaggi? In una scrittura più letteraria e colta? Mi paiono discorsi scolastici e non credo che ci sia più qualcuno, oggi in Italia, capace di avventurarsi per questi diruti sentieri.
Eccoci qui a parlare dell’Alessandri Lorenzo. Pittore, satanista, scrittore, altro?
In realtà l’Alessandri l’ho tirato fuori da un vecchio e polveroso libro della Cederna, Casa Nostra – viaggio nei misteri d’Italia (Mondadori, 1983), guida formicolante su un'Italia enigmatica e sotterranea. Il nostro fa la sua comparsa nelle prime pagine e la Cederna ci va giù pesante nel ricamarne la figura.
Thomas Ligotti è uno degli autori più originali del panorama letterario degli ultimi anni. Grazie all’opera meritoria di un editore come Ugo Malaguti e di un traduttore/curatore come Armando Corridore, gli scritti di questo autore sono stati diffusi anche in Italia. Ligotti inizia a pubblicare racconti (forma alla quale si dedicherà in massima parte) agli inizi degli anni ’80 su riviste amatoriali, rimanendo un autore di nicchia fino a pochi anni fa.
Pochi scrittori meritano uno spazio su Mattatoio come Tiziano Sclavi. Lo scrittore pavese è nominato su questo sito solo per un articolo - cauto - di Max Boschini1. Premetto di essere un lettore meno imparziale del collega: da ragazzino ho amato moltissimo l'autore di Broni, iscrivendolo in un limitatissimo pantheon di prosatori a cui mi sono ispirato per anni. Allo stesso tempo mi preme avvertire il lettore del mio fastidio per il fumetto edito da Bonelli.
La fossa dei serpenti esce nelle edicole il 20 settembre del 1969. Lo scrive, al solito, Laura Toscano, celatasi per l'occasione dietro lo pseudonimo di Barbara Lee. Si tratta di un thrilling a metà strada tra quelli per faccende monetarie alla Mario Bava e quelli psicologici di Robert Bloch… Dario Argento non ha ancora fatto la sua comparsa, però La fossa ne anticipa certe derive violente, il gusto estetico di alcuni omicidi, cose così.
I capolavori della serie KKK classici dell’orrore, Orgasmo di Quentin Polansky (alias Laura Toscano), n. 168, del 5 dicembre 1971. Ancora siamo nel biennio d’oro del nostro italian giallo, e anche questo volumetto da 250 lire ne è un esempio perfetto. La Toscano è ormai al vertice della sua prosa: la trama, con inutile ambientazione parigina, è un condensato di ciò di cui parla Valerio Mattioli (in un volume collettaneo stupefacente, Demonologia rivoluzionaria, della Nero edizioni) a proposito del thrilling italiano, ossia un genere che intercetta le sfaccettature acide del pop, miscelandole con un esoterismo parasatanico, sesso estremo e droghe (miscugli che vengono dall’America, dai lidi irreali di una California pagana).
Nel 1994 esce nei grandi tascabili della Newton un volume dal titolo Profondo thrilling; si tratta di una rilettura (alquanto fedele) di 5 film di Dario Argento. In realtà il volume è un’espansione rivista di un volume uscito edito da Sonzogno nel giugno del 1975, quando la fama di Argento ha raggiunto l’apice con l’uscita (nel marzo di quel medesimo anno) di Profondo rosso, capolavoro thrilling del regista romano.
Torno, con brevi abbozzi, ad occuparmi di ciò che conta davvero, ossia di questa letteratura automatica degli anni ’60 e ’70, letteratura da edicola a 250 lire. La collana dei KKK1, a mio avviso, ha elementi molto più interessanti rispetto a quella dei coevi Racconti di Dracula. Si tratta infatti di una collana che, alla necrologia di un gotico di cartapesta, innesta una vena moderna e nervosa capace di allacciarsi a uno dei generi più dirompenti di quegli anni: il thrilling italiano, il nostro giallo italiano inventato da Mario Bava e, soprattutto, Dario Argento.
Il ’69 psichedelico della letteratura italiana è affidato esclusivamente alla penna fertilissima di Laura Toscano, la più grande scrittrice thriller che l’Italia abbia avuto.
Il 5 ottobre del 1969 esce il n. 124 della collana I capolavori della serie KKK classici dell’orrore, edita dalle Edizioni Periodici Italiani di Marco Vicario, collana per la quale, brevemente, ha collaborato un giovanissimo Dario Argento.
Avvicinarsi oggi alla letteratura sperimentale che si praticava più di cinquant’anni fa significa fare un salto in un grande altrove impraticato, persino ostile, un corpus anti-narrativo lasciato cadere nell’oblio. Scelgo di prendere il sentiero di questa selva intricata passando non a caso per L’Oblò di Adriano Spatola, pubblicato da Feltrinelli nell’ottobre del 1964 nella collana sperimentale Le Comete n. 36.
Conduco l’indagine (anche per comodità visto che li ho sottomano, in condizioni perfette) sulla collana Jacula collezione, raccolta e ristampa della serie regolare, uscita dal ’73 all’84 con splendide copertine inedite, assai più spinte di quelle originali. Jacula appare per la prima volta nelle edicole nel 1969 (un periodo politicamente e culturalmente lontano dal nostro presente editoriale, dominato – leggo la classifica da un Tuttolibri a caso – da gente come Volo, Carofiglio e invadenti scrittori dall’aldilà), cavalcando una erotizzazione sempre più spinta del cinema horror del periodo (penso alle vampire lesbiche dei primi gotici italiani di Polselli e Regnoli o a quelle della Hammer dei primi ’70 e ancora a quelle spintissime del cinema iberico di Aranda e Franco).
É finalmente disponibile il libro
L'uomo che credeva nei vampiri
curato dai fondatori di Mattatoio n.5 e dedicato alla vita e alla bibliografia di Emilio De Rossignoli.
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