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Anche gli Euroclub riservano gradite sorprese. Parlo naturalmente di libri che possono risultare interessanti per le tematiche che trattiamo su questo sito. In particolare, il romanzo Birdy dello scrittore statunitense William Wharton, nome d’arte del pittore Albert du Aime, restituisce al lettore tutti gli “orrori” che una guerra può lasciare nella mente di un uomo.

Lontano dai furori delle avanguardie transalpine, lontano dal purismo formale degli spiriti tedeschi, lontano dalla convulsione intellettuale dei surrealismi gallici, dall’eversismo fatto bandiera dal futurismo romano e milanese. Ancora lontano, in tempi più recenti dal concettualismo ideologico dei lettristi e dei situazionisti parigini, dei pop-artisti e della loro apologia di tutto ciò che è lisergico, lontano dai fautori dell’intervento chimico sulla psiche in favore di una nuova visione del mondo, dal casualizzare del dadaismo e dal sorseggiare del movimento hippy: molto lontano da questi clamori della modernità, per tutto il Novecento lungo la duplice lingua di terra che racchiude il fiume Po, viveva un tipo di visionario di tutt’altra caratura: il matto di golena.

Scrivo queste note alla pallida luce elettrica della mia lampadina, mentre il mondo esterno si prepara ai nuovi cataclismi provocati dalla pandemia. In questa attualità un po’ cialtrona, abbasso il volume del presente e mi perdo tra le pagine de La papessa del diavolo, scritto da Jehan Sylvius e Pierre de Ruynes e ristampato alcuni anni fa da Castelvecchi nella collana Biblioteca dell'immaginario.