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Grazie a un amico vengo a sapere dell’esistenza del romanzo di Christophe Dufossé L’ultima ora (2002), tradotto da Einaudi nel 2004. Trovo facilmente una copia. L’amico mi informa che ne hanno fatto recentemente un film, visionabile su Amazon Prime. Il film (molto bello) prende altre strade rispetto al libro, virando verso tematiche ambientali. La quarta di copertina dell’edizione Einaudi riserva poche, stringate, righe sull’autore: Dufossé è nato nel ’63, fa l’insegnante e questo è il suo primo romanzo. Su internet vedo che dopo ne ha scritti altri, mai più tradotti.

Non è quello che sembra: Lolly Willowes: o l'amoroso cacciatore è un libro ingannevole, così come la sua, apparentemente docile e inerme, protagonista: il Lettore, inizialmente immerso in atmosfere “alla Downtown Abbey”, si ritroverà ad assistere al risveglio di una donna che, per troppo tempo, è stata imprigionata dalle catene di tradizione e patriarcato. Il romanzo di Sylvia Townsend Warner possiede lo stesso fascino misterioso dell'autunno: la stagione in cui le foglie si rivestono d'oro per il loro ultimo, sublime, giro valzer; la stagione in cui si ci raduna attorno al fuoco per ascoltare storie di fantasmi; la stagione in cui le streghe confabulano col Diavolo al chiaro di luna.

Nel genere giallo si sono sviluppate alcune tendenze che hanno preso il sopravvento, finendo con il caratterizzare il genere e rendere possibile dividerlo per sottocategorie. Tali tendenze archetipali sono ben individuabili. Ha avuto larga diffusione, per esempio, il tentativo da parte dei giallisti di comporre il perfetto enigma della stanza chiusa. Locked room murders and other impossible crimes: a comprehensive bibliography di Robert Adey raccoglie oltre duemila opere che hanno affrontato la prova. Se E. Allan Poe può esserne considerato il precursore, è in terra inglese che si assiste alla proliferazione più sostanziosa del sotto-filone. Personalmente, ritengo che lo statunitense John Dickson Carr sia considerabile il campione della categoria. Nel romanzo Le tre bare possiamo leggere una lunga dissertazione teorica sul filone in questione.

Nobile di famiglia, ricchissimo, di gran classe, abile giocatore di tennis, proprietario di una tenuta principesca a Monasterolo, frazione di Vaprio d'Adda, in provincia di Milano. Morto nel 1997 a New York vittima di un infarto, negli anni di tangentopoli cenava a caviale con Francesco Saverio Borrelli. Uberto Paolo Quintavalle ha lavorato in ambito giornalistico per conto del Corriere della Sera e ha scritto parecchi libri, oggi tutti fuori catalogo e dimenticati. Di lui ci si ricorda al massimo la sua partecipazione come attore all’ultimo film di Pasolini. Era uno degli aguzzini di Salò. Il resto è oblio, o quasi. Ho recuperato quattro libri. Il primo romanzo è Segnati a dito del ’56. Prima aveva pubblicato solo un poemetto e delle tragedie.

L’orologio sul cruscotto dell’auto mi comunica che è sabato come se già il silenzio del telefono non me lo ricordasse continuamente. Sono le 21 e ci sono 11 gradi. Ed è il 26 maggio. Nei discorsi-intorno si parla solo di quanto faccia freddo e della pioggia che non smette di cadere da due mesi. Sono appena uscito dalla lavanderia automatica con un carico di biancheria e ora torno a casa mentre il mondo si appresta a uscire per immolarsi sugli altari che le pizzerie elevano ai carboidrati. Vedo le signorine, quelle che nei discorsi-intorno vengono sempre evocate come “la mia ragazza” anche se hanno superato da tempo i 40, rabbrividire nelle mini da sabato sera, avanzare insicure su tacchi altissimi resi più perigliosi dal marciapiede viscido.

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