Fantastico
Fantastico

Fantastico (22)

Scrivo queste note alla pallida luce elettrica della mia lampadina, mentre il mondo esterno si prepara ai nuovi cataclismi provocati dalla pandemia. In questa attualità un po’ cialtrona, abbasso il volume del presente e mi perdo tra le pagine de La papessa del diavolo, scritto da Jehan Sylvius e Pierre de Ruynes e ristampato alcuni anni fa da Castelvecchi nella collana Biblioteca dell'immaginario.

Nino Salvaneschi è stato scrittore, giornalista e poeta. Nato a Pavia nel 1886, nel 1921 dà alle stampe Sirénide, il romanzo di Capri, il suo ultimo lavoro prima di diventare cieco. A tal proposito, qualche decennio dopo, affermava che “quella era l’isola del sogno, sulla quale trovò la forza per realizzare l’ultimo libro che doveva scrivere con i suoi occhi”. 

Giovanni Arpino non è certo uno sconosciuto, almeno su questo sito. Fino ad oggi ne abbiamo parlato solo in riferimento a Domingo il favoloso, ma il suo nome è tra quelli che preferiamo, in compagnia di Tommaso Landolfi, Dino Buzzati e Alberto Savinio. Anche Torino, città nella quale di dipana la storia narrata nel romanzo preso in esame, è al centro di un interesse che su Mattatoio n.5 ha raggiunto un buon numero di approfondimenti, tanto che potremmo definirla la "nostra" capitale letteraria.

Eccoci qui a parlare dell’Alessandri Lorenzo. Pittore, satanista, scrittore, altro?
In realtà l’Alessandri l’ho tirato fuori da un vecchio e polveroso libro della Cederna, Casa Nostra – viaggio nei misteri d’Italia (Mondadori, 1983), guida formicolante su un'Italia enigmatica e sotterranea. Il nostro fa la sua comparsa nelle prime pagine e la Cederna ci va giù pesante nel ricamarne la figura.

Dopo la notizia del ritorno in libreria de L’inquilino del terzo piano, romanzo del quale mi sono occupato in un recente passato, ho deciso anch’io di puntare nuovamente sull’autore di quel libro: Roland Topor. In Italia, le pubblicazioni che lo riguardano hanno sempre sofferto di una difficile reperibilità, anche sul mercato dell’usato, con prezzi anche molto alti. Ben venga quindi la riproposta, da parte di Bompiani, della sua opera più famosa, conosciuta ai più grazie alla trasposizione cinematografica che ne fece Roman Polanski nel 1976.

Ho letto Anodos di George MacDonald tutto d'un fiato, chiedendomi in più di una occasione dove la trama potesse andare a parare, per quel gran finale che siamo solito aspettarci da un romanzo. La prima impressione, dopo aver raggiunto l’ultima pagina, è che il Anodos sia più una raccolta di esperienze fantastiche che un romanzo compiuto, nel senso classico del termine, con un inizio e una fine. 

Non molto tempo fa mi sono recato a Tito, in provincia di Potenza, per qualche giorno di vacanza con la famiglia. Senza tediarvi oltre con informazioni del tutto personali, aggiungo semplicemente che nel paese lucano ha sede il "Fondo Alianello", ospitato nella locale biblioteca e composto da quadri, disegni, fotografie, documenti, libri e alcuni oggetti personali appartenuti a Carlo Alianello, scrittore e sceneggiatore cattolico, nato a Roma da padre potentino e madre titese. Naturalmente non ho resistito e complice una giornata senza escursioni in programma, ho vinto la pigrizia e trovato l’abbrivio per una doverosa visita al "Fondo Alianello".

Lo confesso, la fiaba Le avventure di Pinocchio non mi è mai particolarmente piaciuta. Ricordo con piacere lo sceneggiato televisivo dei primi anni Settanta per via della coppia comica composta da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, ma questo è un altro paio di… orecchie. Mi sento quasi in colpa, il romanzo scritto da Carlo Collodi è al secondo posto nella classifica dei 50 libri più tradotti al mondo1, tra l’altro l’unico italiano in lista, e io mi permetto di esordire mettendo subito in chiaro che non è in cima ai miei preferiti. Per fortuna, grazie ad un vecchio romanzo di fantascienza del quale vi ho parlato tempo fa, ho scoperto che in Russia ne conoscono una versione molto diversa, riadattata da Aleksej Tolstoj nel 1935 e pubblicata l’anno successivo.

Lo confesso, non ho mai pensato a Carlo Sgorlon come ad un nome da affiancare a Dino Buzzati o a Tommaso Landolfi, uno di quegli scrittori abituati ad avere a che fare con il visionario e l’insolito, anche per descrivere quell’Italia che Gianfranco Contini definì «magica senza magia, surreale senza surrealismo».

Confesso, avrei voluto recensire Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria in tempi non sospetti, nell’edizione del 1977 de Il Formichiere, per potermi fare bello su queste pagine. Poco male, ci ha pensato Frassinelli a ridare il giusto slancio al libro, facendoci conoscere uno scrittore non solo interessante, ma di quelli che piacciono a noi: misterioso, dimenticato, per certi versi di culto. Spinto dal desiderio di saperne di più, ho assistito all’evento numero tredici (un caso?) del Festivaletteratura di Mantova, dal titolo La stella nera di Giorgio De Maria. I due relatori, Cora De Maria e Luca Scarlini, non solo hanno rievocato i fantasmi e i tormenti di un genio tornato a interrogarci dall'Aldilà con le sue allucinazioni, ma hanno fornito agli astanti anche alcune suggestioni letterarie, per approfondire il tema di Torino come città magica, ma anche diabolica e metafisica. Tra i titoli emersi, Minuetto all’inferno di Elémire Zolla, L'ultima notte di Furio Jesi, La coda della cometa di Italo Cremona e infine Domingo il favoloso di Giovanni Arpino. È triste constatare come si tratti ormai di autori non più di moda, pur essendo stati un tempo scrittori “di peso” nel panorama editoriale del nostro paese.

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