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La papessa del Diavolo. Surrealismo ed erotismo arcano in Jehan Sylvius e Pierre De Ruynes

Domenica, 23 Ottobre 2022

Scrivo queste note alla pallida luce elettrica della mia lampadina, mentre il mondo esterno si prepara ai nuovi cataclismi provocati dalla pandemia. In questa attualità un po’ cialtrona, abbasso il volume del presente e mi perdo tra le pagine de La papessa del diavolo, scritto da Jehan Sylvius e Pierre de Ruynes e ristampato alcuni anni fa da Castelvecchi nella collana Biblioteca dell'immaginario.

Già sugli autori la bella prefazione di Antonio Veneziani ci dice cose preziose: Sylvius era un cultore di messe nere e demonismo (il pensiero corre alla recente scoperta di Lorenzo Alessandri), il de Ruynes pare fosse un poeta surrealista nascosto dietro pseudonimo. La querelle sugli autori pare ancora aperta a varie interpretazioni, tuttavia, secondo l’ipotesi più accreditata, Sylvius sarebbe Ernest Gengenbach (ex religioso e scrittore del cenacolo surrealista) e dietro a de Ruynes si celerebbe il grande Robert Desnos, poeta tra i fondatori del movimento. Della Papessa (e dell’erotismo surrealista) ne parla benissimo Sarane Alexandrian in chiusura del suo Histoire de la littérature érotique (da noi un Bompiani del 2004).

Alexandrian inquadra il romanzo (romanzetto, un centinaio di pagine scarse) in una ricerca erotica originale su cui si misurano scrittori come Apollinaire, Eluard, Aragon e Bataille (l’unico a dedicare uno scritto filosofico essenziale alla materia erotica). La Papesse (1931) viene rubricata come una curiosità surrealista minore. Così ne scrive Alexandrian: “La Papesse du diable è un ottimo esempio d’erotismo surrealista anteguerra, pare sia frutto della collaborazione di Ernest Gengenbach (Jehan Sylvius) e Robert Desnos (Pierre de Ruynes). Allora lo pseudo abate Gengenbach (in realtà solo un seminarista che non aveva mai ricevuto gli ordini e che imbrogliò tutti al riguardo) si divertiva a fare “il vampiro surrealista” nei locali notturni di Montparnasse, avvolto in una cappa di panno nero foderata di raso bianco”.

Per Sarane La Papesse è un miscuglio di cerimonie e magie, pianti, rantoli, donne ansimanti, cani e la solita acrimonia contro la religione cattolica tipica dei surrealisti. Nel catalogo di scrittori del movimento che si cimenteranno con la letteratura (erotica) non mancano Dalì, l’indipendente Henry Miller, fino al barocco André Pieyre de Mandiargues e al teorico Pierre Klossowski, autore di un saggio filosofico - La monnaie vivante -  che pone in relazione l’attività industriale coi fantasmi erotici. Ma che cos’è l’eros surrealista? Argomento difficile, di lana caprina. Per capirlo non ci aiuta un bel volume edito dalla Es nel 2013, Archivio del surrealismo, ricerche sulla sessualità: amore cortese o luce nera della perversione?

In realtà i rapporti degli scrittori e poeti del movimento sono improntati a una grande varietà di sfumature, non prive di contraddizioni e preclusioni borghesi. Nei resoconti trascritti delle varie sedute è possibile farsi un’idea su come la pensassero Breton e compagni di cose come omosessualità, masturbazione, posizioni sessuali varie, profanazione di ostie. L’argomento, pur affrontato con un piglio acceso, sembra oscurarsi quando le chiacchiere dei partecipanti girano troppo a lungo attorno a una réclame dell’omosessualità che pare indispettire non poco un Breton alquanto rigido (“non concepisco un piacere diverso dal piacere normale”), oppure si fanno chiacchiere da bar elencando parti del corpo femminile su cui eiaculare. I momenti più interessanti sono offerti da Louis Aragon quando, rispondendo a una domanda di Breton sull’importanza dell’erezione in un rapporto sessuale, si smarca affermando che la mancanza di un’erezione gli dispiace quanto non riuscire a sollevare un pianoforte a braccia tese.

Il sesso surrealista è tutto qui. Più che in un mero elenco di posizioni e parafilie buone a scandalizzare quattro prelati, l’eros più riuscito è quello velato e sublimato. L’erezione, così come le più appariscenti esagerazioni maschili sono roba per bambini, non ci interessano. A rilanciare, in una conversazione del marzo ’28, è un lucidissimo Antonine Artaud, ripugnato dalla sessualità e dalle sollecitazioni meccaniche del corpo infetto. Eppure, come già almanaccato da Sarane, l’eros surrealista è un coacervo di forme ed esperimenti letterari che vanno dalle raffinate poesie di Eluard, alle prose raffinatissime della Anais Nin de La casa dell’incesto o la Valentine Penrose de La Comtesse sanglante, per arrivare ai romanzi osceni ed apertamente pornografici Aragon e Bataille. Quest’ultimo poi è autore di un libro di saggistica come L’erotismo, sua visione personalissima e non più all’interno del già aleatorio recinto surrealista.

Bataille scrive di un erotismo dei corpi che ha sempre qualcosa di pesante e sinistro, strettamente connesso con la violenza, il superamento dei divieti imposti dalla società. L’eros è una violenza, una trasgressione organizzata, il cui significato ultimo è il compimento di un sacrificio, un modo di profanare la bellezza dei volti, le parti segrete della donna. Per Bataille l’erotismo (o la pornografia, distinzione inutile in letteratura) è una profanazione, e non vi è profanazione più grande di quella della bellezza. Bataille inserisce insomma nel concetto dell’eros una componente caotica e violenta da contrapporre alle forze dell’ordinamento sociale come vincoli, regole e lavoro. Qui siamo su un piano ben più complesso. Cercando altrove, per tornare a Breton (perché non si può liquidare uno degli intelletti più stimolanti del novecento come un borghesuccio qualunque) le sue cose migliori sull’argomento sono contenute nel bellissimo Amour fou (Einaudi ’74), dove si legge: “la fusione di due esseri che si sono veramente scelti restituisce a ogni cosa i colori perduti del tempo degli antichi soli”, o ancora “la bellezza convulsiva sarà erotico-velata, esplosiva-fissa, magico-circostanziale o non sarà”; per Breton (e forse questa, tra le tante diramazioni teoriche, è la componente più interessante e originale) l’eros è una fantasmagoria di cui abbiamo scarsa conoscenza, un oggetto semi-visibile, velato, il desiderio sfiora l’utopia, un eros metafisico di intenzioni senza contatto. Breton vede nell’erotismo una forza del desiderio trattenuta, lontana dagli eccessi e dalle forzature di certa pornografia.

Per tornare alla nostra Papessa. Che eros abbiamo in queste cento paginette? La papesse ha una scrittura piana, lontana dalla lingua di velluto di Eluard o della Nin ed è costruito come un soggetto cinematografico essenziale. La storia, convulsa all’inverosimile, è il resoconto di una formidabile lotta ingaggiata dalle orde d’Oriente contro un Occidente ormai moribondo a un passo dalla dissoluzione. Mentre Germania, Italia, Polonia, Russia crollano travolte dall’uragano dei nuovi culti asiatici, gli idoli millenari dell’Occidente (il più dileggiato è il crocifisso cattolico) vengono rimpiazzati dai nuovi templi dell’arcimaga, della Regina del Nuovo Mondo, la Papessa signora dell’Asia. Sylvius e De Ruynes giocano coi loro cavalieri mongoli con le carabine a tracolla e le sciabole sguainate sulle fondamenta di un mondo bianco vinto e calpestato; il Papa è una sorta di terrorista ricercato, mentre le uniche teologie riconosciute sono quelle caduche, in un trionfo del Diavolo come idolo pagano a cui votare i supplizi ignominiosi delle ultime religioni monoteiste. In questa sarabanda distopica e umoristica, gli autori si divertono come giocolieri e pagliacci innalzando fiamme e roghi al crepuscolo tra le strade di Parigi. L’erotismo esplode proprio mentre le carni dell’ultimo Pontefice sfrigolano come candele lucenti; la regina del nuovo mondo decreta l’orgia sacra come avvento di una nuova legge di caos e distruzione, un’invocazione biblica a Baal e al sesso, dove ragazze giovani di tutte le razze si gettano come martiri su una massa avvinazzata di uomini e un odore dolciastro da mattatoio invade le sale del Nuovo Palazzo del Louvre. In questa Magie Triomphante, mentre nelle periferie le ultime vitalità del cristianesimo sconfitto si organizzano in attività clandestine con pastori abilmente camuffati, il romanzo si consuma come un rogo di parole dai colori accesi e violenti, in un supremo sussulto di meteore che precipitano e appelli alla resurrezione. In ultima istanza La papesse è un divertissement letterario che gioca col genere romanzesco, le apocalissi, le religioni e numerosi romanzi di argomento erotico/avventuroso di inizio secolo.

Scheda del libro

  • Titolo: La papessa del diavolo
  • Collana: Biblioteca dell'immaginario
  • Autore: Jehan Sylvius, Pierre De Ruynes
  • A cura di: A. Veneziani
  • Pagine: 126
  • Editore: Castelvecchi
  • Anno: 2013

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