Non classificabili - Varie
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Nel supplemento letterario del Manifesto, Alias, il primo di settembre del 2024, leggo un interessante articolo a firma di Luca Fiorentini su Giorgio Caproni. Il pezzo ci informa della ristampa del Franco Cacciatore presso Garzanti. Il volume appartiene ad una serie di ristampe preziose curate da Adele Dei (studiosa già di lungo corso del poeta livornese), di cui si può apprezzare il lavoro fatto sulla raccolta precedente Il muro della terra. In questi due volumi Dei commenta ogni singola poesia, ricostruendone genesi e influenze letterarie. Già nel pezzo di Fiorentini era possibile estrapolare il succo, ossia le ascendenze più spettrali presenti nell’opera di un poeta che sempre più appare come uno dei più grandi del dopo Montale.

Questo resoconto, come lo chiamerò, andrebbe redatto dopo un bel bicchiere di bianco, possibilmente un Trebbiano d’Abruzzo, da gustare fresco e non freddo. Lo scrivo, invece, a caldo, dopo una birra olandese marca 88, perché poi, bevendoci sopra, rischierei di dimenticare senz'altro qualcosa di importante. E una domanda, da porre a Donato Novellini, davvero ce l’ho.

Leggere Sanin equivale a scrutare dentro il maelström della letteratura russa: un vortice in cui si agitano uomini del sottosuolo, donne sedotte e abbandonate, inquietudini esistenziali, idee rivoluzionarie, vecchi fantasmi e pistole che, prima o poi, dovranno sparare. Il romanzo di Michail P. Arcybàšev è stato dato alle stampe nel 1907, due anni dopo la Rivoluzione, fallita, del 1905, ed è figlio di quel periodo travagliato della storia russa: tra le pagine si avverte il sentore acre della disillusione, del ripiegamento nichilistico su sé stessi, ma, all'orizzonte, s'intravvedono nubi cariche di elettricità-modernità, foriere di una nuova rivoluzione.

Descrivere la poesia contemporanea (Luigi Severi - in un saggio contenuto nel volume collettivo Teoria & Poesia (Biblion 2018) definisce contemporaneo ciò che “nasce da un cambio radicale di percezione di sé nella storia”) è impresa ardua per chiunque, figurarsi per un sempliciotto come il sottoscritto. Nel cercare una chiave per affrontare la materia, decido di limitare il discorso a soli tre poeti. Cercherò di fare due sole cose in questo pezzo: la prima di dar conto di alcune interessanti discussioni intorno alla definizione della poesia contemporanea e delle sue forme, la seconda di restituire una lettura soggettiva di tale poesia, offrendo l’esempio di tre autori che sono rimasti nella mia memoria di lettore. Prima però una precisazione: sono un cultore assai sporadico di poesia.

Che uno muoia, lo si può anche capire, ma che poi in tutti questi anni non abbia mai più fatto visita al padre, anche solo per pochi minuti, e non sia mai venuto a cercarmi di sera, né si sia più interessato alla sorte del figlio, tutto questo è difficile da sopportare. Che uno non faccia mai più ritorno e che di lui si perda ogni traccia, perché la sentenza nei suoi confronti è stata pronunciata una volta per tutte e vale per l’eternità, è questo che rende terribile la morte.
Bruno Vacchino, “Parla coi morti”, Novilunio Stampe Amatoriali, 2017.

Non è quello che sembra: Lolly Willowes: o l'amoroso cacciatore è un libro ingannevole, così come la sua, apparentemente docile e inerme, protagonista: il lettore, inizialmente immerso in atmosfere “alla Downtown Abbey”, si ritroverà ad assistere al risveglio di una donna che, per troppo tempo, è stata imprigionata dalle catene di tradizione e patriarcato. Il romanzo di Sylvia Townsend Warner possiede lo stesso fascino misterioso dell'autunno: la stagione in cui le foglie si rivestono d'oro per il loro ultimo, sublime, giro valzer; la stagione in cui si ci raduna attorno al fuoco per ascoltare storie di fantasmi; la stagione in cui le streghe confabulano col Diavolo al chiaro di luna.

Nobile di famiglia, ricchissimo, di gran classe, abile giocatore di tennis, proprietario di una tenuta principesca a Monasterolo, frazione di Vaprio d'Adda, in provincia di Milano. Morto nel 1997 a New York vittima di un infarto, negli anni di tangentopoli cenava a caviale con Francesco Saverio Borrelli. Uberto Paolo Quintavalle ha lavorato in ambito giornalistico per conto del Corriere della Sera e ha scritto parecchi libri, oggi tutti fuori catalogo e dimenticati. Di lui ci si ricorda al massimo la sua partecipazione come attore all’ultimo film di Pasolini. Era uno degli aguzzini di Salò. Il resto è oblio, o quasi. Ho recuperato quattro libri. Il primo romanzo è Segnati a dito del ’56. Prima aveva pubblicato solo un poemetto e delle tragedie.

Se vi piacciono gli autori sconosciuti e misteriosi, non potete perdervi il siciliano Angelo Fiore, il più celebre autore sconosciuto del Novecento. Può un autore essere famoso e ignoto allo stesso tempo? Sembra di sì con il nostro strano personaggio, capace di vincere premi prestigiosi, di avere lodi dalla critica più importante, firmare contratti con grandi editori, ed essere introvabile in libreria e affatto sconosciuto. Vediamo come si svolsero i fatti.

Sul Tamburo sfoglio un volume a cura di Michele Mordente, uscito per la benemerita Stampa Alternativa: le sceneggiature originali di Ranxerox ritrovate nell’abitazione dello sceneggiatore romano dopo la sua scomparsa nell’aprile dell’86. Agende, appunti, foto, collage vari. La mente del Tamburo era spumeggiante, sempre alla ricerca di cose nuove. Le sceneggiature, anche senza il supporto dei disegni iperreali di Tanino Liberatore, reggono bene e rendono l’idea di quel che il Tamburo, in quegli scorci di primi ’80, vedeva appena sotto la raggelante patina del riflusso: città rovinate, montagne di immondizia, lamiere, scatoloni, folle a torso nudo e pantaloni da tuta da ginnastica, giganteschi parcheggi, carcasse e barboni e ancora schermi televisivi accesi, coatti sintetici e ragazzine minorenni stese su letti enormi tra disordine allucinante e siringhe. Stampa Alternativa teneva parecchio al Tamburo, anche perché lui aveva esordito praticamente con loro.

Un mondo in rovina in cui il ciclo delle stagioni scandisce l’eterno ritorno di Violenza, Guerra e Ingiustizia. Un mondo tinto di rosso sangue in cui gli esseri umani si tramutano in iene e lupi feroci. Tra le macerie si aggira un eroe nazionale sui generis, un buffone dalla lingua d’argento che incarna l’Indipendenza e la Libertà della terra di Fiandra: Till Ulenspiegel. Non è un caso che il romanzo di Charles De Coster sia stato riscoperto in Italia durante gli anni oscuri della Prima guerra mondiale: quest’opera parla ai cuori di chi si ritrova in balia delle tempeste della Storia.

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