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Questo resoconto, come lo chiamerò, andrebbe redatto dopo un bel bicchiere di bianco, possibilmente un Trebbiano d’Abruzzo, da gustare fresco e non freddo. Lo scrivo, invece, a caldo, dopo una birra olandese marca 88, perché poi, bevendoci sopra, rischierei di dimenticare senz'altro qualcosa di importante. E una domanda, da porre a Donato Novellini, davvero ce l’ho.

Descrivere la poesia contemporanea (Luigi Severi - in un saggio contenuto nel volume collettivo Teoria & Poesia (Biblion 2018) definisce contemporaneo ciò che “nasce da un cambio radicale di percezione di sé nella storia”) è impresa ardua per chiunque, figurarsi per un sempliciotto come il sottoscritto. Nel cercare una chiave per affrontare la materia, decido di limitare il discorso a soli tre poeti. Cercherò di fare due sole cose in questo pezzo: la prima di dar conto di alcune interessanti discussioni intorno alla definizione della poesia contemporanea e delle sue forme, la seconda di restituire una lettura soggettiva di tale poesia, offrendo l’esempio di tre autori che sono rimasti nella mia memoria di lettore. Prima però una precisazione: sono un cultore assai sporadico di poesia.

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