Ombre di un passato che non passa. Ombre di tenebra liquida. Ombre di rancore. Dalle pagine degli interni de Il Giornale dell'8 agosto 2022 si commenta la sentenza sulla trattativa Stato – mafia. Nessun reato per i carabinieri del Ros, ombre ingenerose sull'allora Presidente Oscar Luigi Scalfaro. La trattativa tra Scalfaro e Ciampi. Le stragi di Roma e Milano. Il black out a Palazzo Chigi. Me li ricordo.
Giuseppe Tardiola in alcune fertilissime pagine de Il vampiro nella letteratura italiana (1991) accenna - tra i primi – alle misconosciute collane dei Racconti di Dracula e KKK classici dell’orrore, rifacendosi agli accenni fatti prima di lui da Domenico Cammarota Jr (1984) - quando ancora sotto lo pseudonimo di Max Dave si credeva un tale Gaetano Sorrentino? In questi brevi accenni Tardiola si riferisce al ventennio compreso fra gli anni ’50 e ’60 come uno dei più neri e fecondi per la sopravvivenza di una via tutta italiana al fantastico. Cinema, letteratura, fumetti, fotoromanzi, in un gioco di influenze e rimandi testuali tra i vari linguaggi.
Prendo per buono quel che scrivono Marco Malvestio e Valentina Sturli (2019), ossia che l’horror sta vivendo un momento particolarmente fortunato, sia a livello cinematografico che televisivo. Anche la critica sembra essersi rinnovata, traendo slancio da importanti e originali contributi (per limitarci al campo italiano non è possibile ignorare i lavori di Fabrizio Foni, Stefano Lazzarin, Fabio Camilletti e Roberto Curti). E in letteratura? Come si è rinnovato l’horror negli ultimi dieci anni? Vorrei provare a riflettere sulla questione prendendo in esame la serie a fumetti Dylan Dog Color Fest edita dalla Sergio Bonelli dall’agosto del 2007.
Thomas Ligotti è uno degli autori più originali del panorama letterario degli ultimi anni. Grazie all’opera meritoria di un editore come Ugo Malaguti e di un traduttore/curatore come Armando Corridore, gli scritti di questo autore sono stati diffusi anche in Italia. Ligotti inizia a pubblicare racconti (forma alla quale si dedicherà in massima parte) agli inizi degli anni ’80 su riviste amatoriali, rimanendo un autore di nicchia fino a pochi anni fa.
Ho trovato La festa del raccolto per caso, nella cesta dei libri che si possono scambiare messa a disposizione dalla biblioteca del mio paese. Cercavo il romanzo di Thomas Tryon da così tanto tempo da non ricordarne nemmeno bene il motivo, visto che non è uno di quei titoli che tutti cercano e che il suo autore è pressoché uno sconosciuto, almeno nel nostro paese. Devo dire che tutto questo ha giovato alla lettura, libera da preconcetti e da influenze varie: mi capita spesso che una recensione influisca sulle aspettative o sveli quegli aspetti del libro che invece andrebbero tenuti segreti.
Un titolo azzeccato, questo, in periodo di cattività casalinga. Lo cercavo da tempo ad un prezzo abbordabile e dopo mesi di attesa, riesco giusto a recuperarlo all’inizio delle prime misure di contenimento del coronavirus. Un segno? Non credo, o almeno, per ora non mi è ancora successo di essere scaraventato fuori casa da una torva di vicini impazziti. Che dire… rimango alla finestra, in attesa.
Salem's Lot è un’immaginaria cittadina del Maine caratterizzata dall’inquietante presenza di Casa Marsten, una villa abbandonata in cima ad una collina già teatro di un fatto di sangue negli anni del Proibizionismo. La sua piatta tranquillità provinciale viene improvvisamente turbata dall’arrivo di due misteriosi antiquari e da una strana scia di morti misteriose. Contestualmente vi giunge anche Ben Mears, un giovane scrittore, che torna deciso a fare i conti con i fantasmi della sua infanzia e con la tragica morte della moglie. Nel giro di pochi giorni, Ben e gli altri protagonisti si renderanno conto di trovarsi a fronteggiare una vera e propria epidemia di vampirismo, di fronte alla quale dovranno tirare fuori, oltre al coraggio, tutta la loro conoscenza sull’argomento, acquisita soprattutto grazie ai classici della letteratura gotica o del cinema horror.
“Continuò a camminare, in stato di choc. In un secondo o due la vita intera aveva mutato d’aspetto ed era divenuta più chiara, come se fosse stato cieco fin dalla nascita e avesse ora ricevuto i primi barlumi di luce. Adesso, guardando di fronte a sé, non si vedeva più davanti un muro nudo e disadorno, ma vedeva attraverso una tenda oltre la quale la vita si manifestava in modo, sì, incerto, ma almeno percettibile. I suoi passi sul selciato scandivano le parole: ‘Non c’è morte. Non c’è morte’.”
In una recente intervista pubblicata su Medium Italia1, Tiziano Sclavi ha affermato di aver scritto nel corso della propria vita, un sacco di cose, tra cui parecchi romanzi, alcuni dei quali, una volta distribuiti, hanno poi ottenuto “un’esplosione di indifferenza totale”.
Un’antologia dalla vita editoriale travagliata, e più volte “abortita”: così la definisce il Curatore, l’ottimo G. Lippi, nella Storia di un’antologia pubblicata in appendice al volume. La raccolta costituisce di fatto la seconda parte de Il meglio dei racconti dell’orrore di R. Bloch, il cui primo tomo era uscito nel 1990 nella defunta (il termine ci sembra quanto mai appropriato) collana «Oscar horror». Benché l’edizione originale fosse divisa in tre volumi (vol. I: The selected stories of R. Bloch, vol. II: Bitter Ends, vol. III: Last Rites), quella italiana, nelle intenzioni del Curatore, «si sarebbe articolata in due grossi volumi piuttosto che in tre di formato medio» (p. 389) per evitare eccessive frammentazioni.
É finalmente disponibile il libro
L'uomo che credeva nei vampiri
curato dai fondatori di Mattatoio n.5 e dedicato alla vita e alla bibliografia di Emilio De Rossignoli.
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