Thomas Ligotti è uno degli autori più originali del panorama letterario degli ultimi anni. Grazie all’opera meritoria di un editore come Ugo Malaguti e di un traduttore/curatore come Armando Corridore, gli scritti di questo autore sono stati diffusi anche in Italia. Ligotti inizia a pubblicare racconti (forma alla quale si dedicherà in massima parte) agli inizi degli anni ’80 su riviste amatoriali, rimanendo un autore di nicchia fino a pochi anni fa.
Conduco l’indagine (anche per comodità visto che li ho sottomano, in condizioni perfette) sulla collana Jacula collezione, raccolta e ristampa della serie regolare, uscita dal ’73 all’84 con splendide copertine inedite, assai più spinte di quelle originali. Jacula appare per la prima volta nelle edicole nel 1969 (un periodo politicamente e culturalmente lontano dal nostro presente editoriale, dominato – leggo la classifica da un Tuttolibri a caso – da gente come Volo, Carofiglio e invadenti scrittori dall’aldilà), cavalcando una erotizzazione sempre più spinta del cinema horror del periodo (penso alle vampire lesbiche dei primi gotici italiani di Polselli e Regnoli o a quelle della Hammer dei primi ’70 e ancora a quelle spintissime del cinema iberico di Aranda e Franco).
Nella bella introduzione alla nuova edizione del classico di Ernesto de Martino Sud e magia (Biblioteca Donzelli, 2015), i curatori Fabio Dei e Antonio Fanelli accennano - nonostante la scomparsa di certa cultura della miseria e di un contesto contadino e agrario legato ad ideologie magico religiose dissolte parzialmente dall’avvento della cultura di massa - a una permanenza della magia nei contesti modernizzati e urbani dei segmenti sociali del ceto medio.
La cultura di massa degli anni ’60 si nutre di scuole, caserme, tribunali, carceri e cimiteri. Una società rurale non ancora scomparsa e una società di massa “arrivante”. Nuove identità di classe. La sociabilità di gruppo passa dalle piazze, ai caffè, ai luoghi del dopolavoro. Circoli anarchici, periferie urbane, osterie, il tutto in una transizione post-fascista sorvegliata dalle pratiche religiose. Una geografia di luoghi sacri nella penisola, con Madonne votive, chiese di campagna e riti di passaggio (matrimoni, funerali, battesimi) a ricordare un’intensa devozione religiosa in tutte le classi sociali. Nel frattempo la vita quotidiana si fa più dinamica, mobile, con una densità degli spazi urbani intasati dalle automobili.
Il primo giugno del 1973, esce nelle edicole italiane il primo numero di Oltretomba gigante, che va ad aggiungersi alla collana regolare e a Oltretomba colore. Il formato aumentato, grandi tavole, copertine pittoriche coloratissime e spettrali, tutti elementi che rendono la collana tra le più belle tra i fumetti neri di allora. Per una breve storia editoriale rimando ai bei volumi filologici curati da Luca Mencaroni editore.
Il 1969 psichedelico della letteratura italiana è affidato quasi esclusivamente alla penna fertilissima di Laura Toscano, la più grande scrittrice thriller che l’Italia abbia avuto. Il 5 ottobre del 1969 esce il n. 124 della collana I capolavori della serie KKK classici dell’orrore, edita dalle Edizioni Periodici Italiani di Marco Vicario, collana per la quale, brevemente, ha collaborato un giovanissimo Dario Argento.
Fabio Camilletti, nella Guida alla letteratura gotica (Odoya 2018), illustra il potere immaginifico di un genere forgiato da miti e figure che rispondono al presente con l’evasione nel passato. Il gotico, dal Settecento francese, vaga per l’Europa diventando di volta in volta racconto supernatural, horror, german o littérature frénetique. Negli altrettanto frenetici anni ’60 e ’70 italiani dello scorso secolo, i fantasmi del gotico riaffiorano nel lessico stereotipato delle collane da edicola I racconti di Dracula e I capolavori della serie KKK classici dell’orrore, ovvero pura letteratura di massa.
I racconti di Dracula uscirono nelle edicole italiane nel 1959 e continuarono fino al 1981. L’editore, la ERP, apparteneva al barone Cantarella, nobile siciliano che prima aveva iniziato a muoversi nel cinema, poi era passato al boom della narrativa popolare, in quegli anni al culmine. Cantarella non editava solo i Dracula, bensì anche molte altre collane, offrendo storie di guerra, spionaggio, rifacimenti della narrativa hard boiled americana. Gli scrittori dei Dracula erano tutti italiani, celati sotto pseudonimi anglofoni, un po' come i registi degli spaghetti western. Molti di questi erano alle prime armi e accettavano il compenso dell’editore (circa 50 mila lire dell’epoca in contanti e non era poco per un centinaio di cartelle!) per aumentare le entrate mensili: tra di loro abbiamo un giudice, un medico, uno psichiatra, un militare di carriera, un giornalista. Quasi tutti si vergognavano di quei romanzetti (scritti velocemente ai margini della vita lavorativa e famigliare, senza riletture o scalette e tantomeno editing particolari) e, negli anni, hanno cercato di far perdere le loro tracce. Si trattava insomma di “negri” della macchina da scrivere, mercenari pronti a tutto pur di raggranellare un po' di quattrini e non certo di fini intellettuali animati da propositi artistici.
Renzo Barbieri ha avuto molti meriti. Verso la metà degli anni settanta, l’editore milanese affianca alle sue numerosissime collane a fumetti horror-erotiche una serie di romanzi del terrore, anch’essi destinati al circuito secondario delle edicole.
Nel pregiato volume Mondadori Il piacere della paura (uscito nel 1973) i curatori Ravoni & Riva ricercano le origini del genere horror nel fascino discreto della borghesia novecentesca. Prima gli psicagoghi americani Creepy ed Eerie, buffoni orrendi di grandi abbuffate di fumetti collaudati sui canovacci di Poe, Lovecraft, Shelley, Stoker rivisti su fondo retinato e un lettering innovativo che verrà ripreso dalla pop art. Poi l'incubo borghese ha attecchito anche qui da noi, in una serie di pubblicazioni popolari della prima metà degli anni ’60: i fotoromanzi del brivido dell’editrice Nova di Roma, le collane dei KKK, dei Racconti di Dracula e ancora i Romanzi diabolici, la collana degli Urania, i Gialli allucinanti, le scimmiette della Garzanti, I gialli del secolo, I gialli dello schedario, o le valanghe di fumetti neri che cominciano ad uscire dalla prima metà degli anni ’60: Kriminal, Satanik, Sadik, giù fino all’orgia dei fumetti horror erotici inventati da Renzo Barbieri e Giorgio Cavedon.
Scrivere una riflessione su Stephen King dopo il bellissimo articolo di Nicola Lagioia apparso l’anno scorso su Internazionale, sembra un’impresa estremamente ambiziosa, tuttavia, in concomitanza con l’uscita nelle sale italiane del primo dei due film tratti da It, vale la pena di provarci, magari con l’intento di offrire nuove chiavi di lettura sul capolavoro del Re dell’horror.
Incontro Alfredo Castelli in pausa pranzo, in un giorno di maggio in cui finalmente, anche a Milano, si può stare all’aperto. Una bottiglia di vino fresco, una tenera giornata primaverile, un disteso momento di otium: sono occasioni come queste a dar gusto alla vita. Parliamo di tante cose: delle ricerche matte che ci piace fare, di archivi da spulciare, del Buffalo Bill italiano e della tristezza di collezioni smembrate e vendute pezzo per pezzo; del sogno di uno spazio dedicato alla cultura popolare, dove raccogliere le nostre – e altrui – biblioteche. Infine, in pace con il mondo, accendo la sigaretta e il registratore e ripenso con un sorriso all’osservazione di una giovane amica: “Ma perché non fai come fanno tutti? Scrivi le domande e ti fai rispondere per mail!”.
Negli ultimi mesi ci siamo dedicati con cura ed entusiasmo alle ricerche biografiche su Emilio De' Rossignoli. È un lavoro lungo e complicato: strade che sembrano promettenti imboccano un vicolo cieco; ipotesi plausibili alla fine si arenano... Insomma, ci vorranno altro tempo e tanta pazienza. Ma abbiamo fatto alcuni passi avanti, che vogliamo raccontare anche se ancora non siamo arrivati a un vero punto di svolta, alla chiave che apre la porta segreta.
Forse il ’68 un’anima occulta, magica, l’aveva avuta sin dal principio, si diceva. È che a un certo punto la commistione si fa esplicita: in fondo, in entrambi i casi, si tratta di forzare le barriere del possibile. “Sono entrato l’altro giorno in prima persona in quella libreria, come si chiama, fa lo stesso, era una libreria che sei o sette anni fa vendeva dei testi anarchici, rivoluzionari, tupamari, terroristi, dirò di più, marxisti…”: adesso s’è riciclata, vende “erbe medicamentose, e istruzioni per fare l’homunculus”, e la bazzica “gente fantastica, gente che parla con gli angeli, che fa l’oro, e poi maghi professionisti, con la faccia da mago professionista”. I pittori espongono quadri con titoli come Mystica Rosa, Atanòr, Sophia. Ex tupamari uruguayani animano riviste esoteriche con nomi da grimorio, ed evocano ectoplasmi nelle sedute spiritiche. E i libri di successo? Niente più Lenin o Mao-Tse-Tung: romanzi gnostici, invece, e il libro “di una giornalista famosa, che racconta di cose incredibili che accadono a Torino, Torino dico, la città dell’automobile: fattucchiere, messe nere, evocazioni del diavolo, e tutto per gente che paga, non per le tarantolate del meridione”.
Ogni epoca, scriveva Walter Benjamin, sogna la successiva. È una "prefigurazione fantastica" che solo uno sguardo postumo può realmente cogliere, come una "lastra fotosensibile" le cui immagini impresse saranno rivelate solo dagli acidi, più potenti, del futuro (1). Il numero 5 di Horror, dell'aprile 1970, è una di quelle lastre, sorta di monade tesa tra quel che è stato e l'adesso, e che oggi possiamo guardare con nostalgia, curiosità, tenerezza: ma soprattutto come un esempio di che straordinario laboratorio di idee fu quella rivista, e di come essa abbia gettato i semi di molte esperienze germinate in seguito.
Marzo 1970: sul numero 4 di Horror vengono resi noti i risultati del Referendum di gradimento relativo al numero 1 ed Emilio De' Rossignoli si classifica primo nella sua categoria con l'articolo Specchio, specchio delle mie brame... Esulto per la sua vittoria come se fosse una notizia di oggi.
Leggere uno dopo l’altro libri dello stesso autore aiuta a cogliere echi e corrispondenze, a costruirsi un quadro mentale a mano a mano più vivo; d’altro canto, a volte può essere necessario prendersi delle pause per non rischiare di disamorarsi, o perché la passione è tanto ardente che si teme con sgomento il momento in cui quei libri finiranno. Personalmente, ricavo un piacere intenso dal seguire il filo d’Arianna: è un frutto maturo, succoso. E la lettura in sequenza di Un’ombra nell’ombra e Abra cadabra me lo conferma.
1962: Anthony Burgess pubblica A Clockwork Orange; muore Marilyn Monroe; si apre il Concilio Vaticano II; scoppia la crisi dei missili di Cuba; i Beatles incidono il primo disco ed esce il primo film di 007 (Licenza di uccidere); su Amazing Fantasy debutta Spider-Man e in Italia esce il primo numero di Diabolik. Sulla copertina, un uomo in calzamaglia brandisce un coltello e una bionda prosperosa urla di terrore. Pare che molti edicolanti non lo abbiano nemmeno esposto a causa di quest’immagine perturbante. Eppure fece il botto.