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Sono trascorsi diversi anni da quando uscì il volume edito da Hypnos Edizioni su Sergio Bissoli Il paese stregato. Correva l’anno 2012, la crisi economica aveva lasciato dietro di sé cocci (e fantasmi) che non si sarebbero più ricomposti: Berlusconi aveva intrapreso la propria dissoluzione funebre, Monti stava risanando ferocemente le casse dello Stato sulla pelle delle generazioni più giovani, la lega di Bossi si avvitava su se stessa in vista di una nuova rinascita, la sinistra era frantumata tra le utopie di Vendola e il riformismo discreto di Bersani.

L’inferno non ha limiti, non è circoscritto in un unico luogo. Dove siamo è inferno e dov’è inferno lì staremo per sempre1Il luogo senza confini in cui sono intrappolati i personaggi del cileno José Donoso è un pueblo dimenticato da Dio: Estación El Olivo non verrà mai rischiarato dalla luce dell’elettricità-speranza.

Questo resoconto, come lo chiamerò, andrebbe redatto dopo un bel bicchiere di bianco, possibilmente un Trebbiano d’Abruzzo, da gustare fresco e non freddo. Lo scrivo, invece, a caldo, dopo una birra olandese marca 88, perché poi, bevendoci sopra, rischierei di dimenticare senz'altro qualcosa di importante. E una domanda, da porre a Donato Novellini, davvero ce l’ho.

Il romanzo di Germano Lombardi pretende (e illude) di essere un romanzo oggettivo. Ha un luogo - la riviera ligure nei pressi di Imperia - un tempo - il 20 febbraio 1977 - personaggi descritti minuziosamente - in primis un ispettore privato di nome Nuvolo Cisterna e un floricoltore, Omérus Macaulay Jonesco - e un mistero - "fatti insensati e vandalismi in apparenza senza scopo accaduti nella villa dell'ingegner Volt", la villa con prato all'inglese che dà il titolo all'opera. Il lettore accorto che abbia tra le mani la versione originale Rizzoli del 1977 o la ristampa del 2012 de Il Canneto Editore, si accorgerebbe con una certa facilità che la pretesa ossessiva di descrivere ogni particolare reale non è altro che una maschera, un espediente.

Nel 1996 l’Italia era ripartita dalle ceneri della prima Repubblica. Ceneri ancora fumanti. Il partito comunista più grande d’Europa era caduto col muro di Berlino, la Dc, il PSI distrutti dal ciclone di Mani Pulite. La mafia aveva ingaggiato una guerra mai vista contro lo Stato, uccidendo con le bombe figure simbolo come Falcone e Borsellino. Su di loro pesavano (e pesano tutt’ora) fantasmi, ombre, segreti mai veramente svelati fino in fondo. Dopo erano venute le bombe sul continente. A Roma, Milano, Firenze. Poi tutto era finito così com’era cominciato. Altre facce. Altri partiti. Berlusconi. La nuova destra di Fini. L’Ulivo di Prodi. Dalle macerie era cominciata un’altra storia.

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