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Nel 1996 l’Italia era ripartita dalle ceneri della prima Repubblica. Ceneri ancora fumanti. Il partito comunista più grande d’Europa era caduto col muro di Berlino, la Dc, il PSI distrutti dal ciclone di Mani Pulite. La mafia aveva ingaggiato una guerra mai vista contro lo Stato, uccidendo con le bombe figure simbolo come Falcone e Borsellino. Su di loro pesavano (e pesano tutt’ora) fantasmi, ombre, segreti mai veramente svelati fino in fondo. Dopo erano venute le bombe sul continente. A Roma, Milano, Firenze. Poi tutto era finito così com’era cominciato. Altre facce. Altri partiti. Berlusconi. La nuova destra di Fini. L’Ulivo di Prodi. Dalle macerie era cominciata un’altra storia.

La cronaca nera è una colla oleosa che scivola tra i tasti di una macchina da scrivere di qualche cronista di razza; la cronaca nera di un’Italia “povera ma bella” che si apre su grandi fogliettoni del dopoguerra, resa leggendaria dai flash dei fotografi e dalle parole degli scribacchini. Franco Di Bella ci ha fatto sopra un saggio magnifico, uscito in prima edizione per la Sugar nel ’60 (e oggi rieditato dal Milieu edizioni): Italia nera.

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