Questa particolare categoria raccoglie le guide più o meno note dell'Italia misteriosa, pubblicate a partire dagli anni '60.
"Un negro voleva Iole" (Giometti&Antonello) presenta una selezione di racconti, editi ma rimasti ignoti ai più e aforismi, totalmente inediti, dello scrittore scomparso nel 1972 che ebbe un’esistenza tumultuosa e che, in vita, rimase sempre ai margini della letteratura italiana
Frugando sul web su Tommaso Pincio ci si può fare un’idea veloce: pragmatismo linguistico, narratore che si è formato nella cultura degli anni ’80 e ’90, che non ama entrare in contatto coi suoi lettori ed è indifferente alla sua identità o ai suoi doppi. Ancora Pincio come figura anomala del nostro panorama letterario: coetaneo dei Cannibali, con alle spalle esperienze da pittore, gallerista, traduttore. Insomma uno poco inquadrabile, un po’ come il compianto Andrea G. Pinketts, che meriterebbe prima o poi un articolo di approfondimento.
Il genere gotico e quello thriller possiedono un grado di parentela maggiore di quel che si pensi. Entrambi sono dominati da un senso di abbandono. L'abbandono nel tempo remoto in fuga da un presente che corre è il motore del genere gotico (e non a caso è attraversato da un vento nostalgico e si affaccia nei momenti di sviluppo sociale e tecnologico), mentre l'abbandono all'irrazionale, all'irrequietezza, al delirio, alla follia è il meccanismo su cui poggia le basi il thriller. Su entrambi si allunga l'ombra del languore. Sono due generi nostalgici, in fondo.
Il Racconto d’autunno di Tommaso Landolfi (Adelphi, 1995) è caratterizzato da un'atmosfera crepuscolare e onirica. Il Lettore è chiamato a varcare la soglia iniziatica dell’Arcano XVIII (tanti sono i capitoli del libro, se si esclude la conclusione), a entrare nel regno di Immaginazione, Oscurità, Irrazionalità e Illusione.
Mi è d’abitudine comprare un libro per il viaggio. Entro in una libreria e esco col volume che leggerò. Così ho fatto a Parma poiché con mio figlio, partiti da Calvisano, eravamo diretti a L’Aquila procedendo per tappe, su treni regionali. La libreria era quella dell’amico Ernesto, Piccoli Labirinti, verso piazzale Santa Croce per intenderci. Per farla breve, come altre volte mi è capitato, il volume che ancora non conoscevo e che cercavo era lì che mi guardava: Comisso, Gadda, Bacchelli. Con soprattitolo: Scrittori italiani in viaggio attraverso l’Italia, editore a me sconosciuto “dalla costa” in minuscolo. Al banco, l’amico libraio mi avvisa: “Una bella casa editrice, con dei bei titoli, peccato che sia fallita quasi subito.” In treno leggo e ora che finisco tutte le tappe, una settimana di viaggio, l’ho belle che finito. Un saggio sui racconti di viaggio di questi tre autori, ben scritto, approfondito ma sobriamente, avvincente persino. Tre autori, Giovanni Comisso, Carlo Emilio Gadda e Riccardo Bacchelli. Un veneto, un milanese e un bolognese.
Mi capita di interrogarmi sul rapporto che alcuni autori hanno avuto con il genere giallo. Sarà perché, da invisibile della scrittura, reputo di fare parte di coloro che, nel corso della propria traiettoria autoriale, hanno sviluppato una certa ossessione per il giallo perfetto, non tanto e non solo per quanto concerne il meccanismo di indagine e risoluzione del caso, ma soprattutto per quanto concerne la sfera letteraria.
Cesare Bermani, nel bellissimo Il bambino è servito (1991), parlando delle leggende urbane si ricollega al folklore e ai grandi affreschi storico-etnografici degli anni ’50 e ’60; il mondo magico lucano-salentino di Ernesto De Martino, le riflessioni di Carlo Ginzburg sul sabba, fino agli studi di Jung sul simbolo, di Bettelheim sulla fiaba e di Freund sul perturbante. Particolare la lunga citazione dagli Annales d’histoire économique et sociale di Marc Bloch sulla psicologia collettiva e gli errori e le falsità che essa produce. Notizie false, errori che si propagano e si amplificano ingigantendosi di bocca in bocca, testimonianze imperfette che contengono i pregiudizi e i timori della società che li ha prodotti. La chiosa di Bermani a Bloch è essenziale: le leggende sono errori di un inconscio collettivo che si propagano perché portatori di una verità rimossa.
Nel 1974 lo scrittore americano Jeffrey Konvitz pubblicò con la Ballantine Books il libro horror The sentinel, uscito in Italia nel 1976 con il titolo La Sentinella del Male, per la Sonzogno. Da allora non è mai stato ristampato e sulla Baia è reperibile a prezzi non altissimi ma comunque di tutto rispetto. Dal romanzo fu tratto anche un film, adattato per il grande schermo da Michael Winner e dallo stesso Konvitz, che fu però un autentico fiasco e venne parodiato da Ivan Reitman nella trama del suo Ghostbusters.
Nel 1985 Giorgio Manganelli pubblica con Rizzoli Dall’Inferno, oggi ristampato presso Adelphi. Non si tratta della prima discesa del Manga nell’aldilà, ma sicuramente ne è uno dei momenti più minacciosi. Dall’Inferno è un libro (difficile definirlo romanzo o qualunque altra cosa) ostico e ossessivo; la voce disincarnata del narratore si presenta, con molti dubbi, come quella di un morto, di un’anima trapassata per estenuazione.
Anche gli Euroclub riservano gradite sorprese. Parlo naturalmente di libri che possono risultare interessanti per le tematiche che trattiamo su questo sito. In particolare, il romanzo Birdy dello scrittore statunitense William Wharton, nome d’arte del pittore Albert du Aime, restituisce al lettore tutti gli “orrori” che una guerra può lasciare nella mente di un uomo.
Mi sono accorto che su Mattatoio n.5 non si è quasi mai parlato di poesia. Nulla di strano, la poesia la scrive chiunque ma non la legge nessuno - tuttavia mi colpiva questa assenza, visto che lo stesso "nostro" Max Boschini ne ha scritta, per l'editore Miraggi di Torino. Personalmente ho avuto un rapporto incostante e di rimozione con la scrittura in versi; ho attraversato lunghi tratti della mia esperienza di lettore senza leggerne un rigo, alternando brevi periodi febbricitanti in cui credo di aver letto tutto, seguiti da altri lunghissimi decenni di assoluta repulsione.
Anna Banti è una grande signora, non solo della letteratura, ma della cultura tout court del Novecento. I suoi vasti interessi e la sua poliedrica personalità ne fanno un'intellettuale difficilmente inquadrabile in una rigida classificazione. È stata infatti non solo scrittrice ma anche storica dell'arte, critica letteraria, teatrale e cinematografica. Si occupò anche di traduzioni per Mondadori, prima per Vanity Fair di William Makepeace Thackeray e poi per Jacob’s room di Virginia Woolf. Oltre alla numerosa produzione saggistica apparsa sulla rivista Paragone, da lei fondata nel 1949 col marito Roberto Longhi, è stata autrice di sette raccolte di racconti e di nove romanzi. Prima di parlare di uno di questi, La camicia bruciata, mi preme tracciarne un profilo biografico.
Le assetate di Bernard Quiriny è un romanzo tutto sommato recente, ma già di difficile reperibilità. Pubblicato nel 2012 da Transeuropa nella collana Narratori delle riserve, spunta oggi cifre interessanti sul mercato dell'usato e risulta introvabile nelle librerie e nei negozi digitali. Oltre a questo, il tema e l’interesse suscitato nel tempo lo hanno reso “imprescindibile” ai miei occhi, motivo per il quale l’ho cercato a tutti i costi, per poi acquistarlo, leggerlo e recensirlo. Ora fa bella vista di sé nella libreria di casa.
Pasquale Di Palmo, in un delizioso libretto editato per Stampa Alternativa (Lei delira, signor Artaud, 2011), produce un sillabario essenziale per la conoscenza di un autore sfaccettato e complesso come Antonin Artaud. Di queste 21 voci mi colpiscono quelle che fanno riferimento al contesto letterario in cui si è mosso l’autore marsigliese, i suoi interessi per un meraviglioso letterario indagato in modo così personale. Non a caso la prima voce riportata da Di Palmo è proprio quella dell’alchimia, dottrina esoterica tra luce e tenebra che, insieme alla magia, abbonda nei quaderni e nelle lettere del poeta drammaturgo della crudeltà.