Nata a Firenze il 27 giugno del 1895, il suo vero nome era Lucia Lopresti. Ricevette, cosa non frequente all'epoca, un'educazione "aperta" che le consentì indipendenza di pensiero e libertà di viaggiare. Visse a Bologna fino al 1905, anno nel quale i suoi genitori si trasferirono a Roma. Già al liceo si fece notare per la sua audacia intellettuale. La cosa le valse la nomea di “signorina strana e femminista”. Nel 1914 incontrò Roberto Longhi, il cosiddetto uomo del destino: suo professore di storia dell'arte, lo sposerà nel 1924, dopo aver conseguito la laurea in lettere. Il connubio tra i due sarà non solo affettivo, ma anche lavorativo, visto che ebbero modo di collaborare assieme fino al 1970, l'anno della morte di lui.
Con il matrimonio arriva anche la decisione di abbandonare lo studio della storia dell'arte; Lucia preferirà infatti dedicarsi esclusivamente alla scrittura. Il marito è già un critico di fama e lei vuole affermarsi in un campo diverso, tutto suo, dove poter dimostrare le proprie capacità individuali. Nel 1930 pubblica su La tribuna il racconto Barbara e la morte e per la prima volta userà lo pseudonimo con il quale la conosciamo oggi: Anna Banti. Il cognome fu scelto ispirandosi a una parente della madre, una nobildonna misteriosa la cui figura l'aveva affascinata da bambina. Il nome è invece qualcosa di solo suo, non le proviene né dal marito, né dalla famiglia, un'ulteriore testimonianza del suo desiderio di emancipazione.
Per Anna, da questo momento la chiamerò solo così, la scrittura non è solo una passione artistica ma anche il mezzo per ottenere l'indipendenza economica. Lavora al romanzo Itinerario di Paolina che sarà dato alle stampe nel 1937 e nel 1940 pubblica la raccolta di racconti Il coraggio delle donne. Al contempo si dedica anche ad alcune recensioni. Già nelle sue prime prove narrative si intravedono i temi che svilupperà nei capolavori successivi: la condizione femminile e lo studio accurato e profondo della psicologia dei personaggi. Si lega d'amicizia con Maria Bellonci, Gianna Manzini, Alba de Céspedes e Sibilla Aleramo, rapporti personali e professionali di cui resta testimonianza negli epistolari. Ai titoli di cui sopra segue la raccolta di racconti Le donne muoiono, dove comincia a delinearsi quella particolare cifra stilistica che ritroviamo poi nei suoi romanzi storici: rigorosamente documentati, ma caratterizzati da una narrazione dialogante tra chi scrive e il personaggio, tra il passato e il presente, in un processo interpretativo capace di illuminare le zone d'ombra soprattutto dei personaggi femminili, trascurati o travisati dalla storia ufficiale.
Tra gli anni '50 e '60 la sua scrittura assume un forte carattere di denuncia, con libri quali Il bastardo, Allarme sul lago, Le mosche d'oro e La monaca di Shangai. Si dissocia anche dal femminismo estremista di quel periodo, auspicando piuttosto una collaborazione fra i due sessi. Sono di questo periodo anche il romanzo risorgimentale Noi credevamo, la raccolta Campi Elisi e la biografia di Matilde Serao. Il periodo successivo sarà molto difficile a causa della malattia del marito, della morte dei genitori e delle traversie che attanagliarono la rivista Paragone. Di tutto questo ne risentirà anche il carattere, che si farà più schivo e riservato, portandola lontano dai salotti letterari e dalle amicizie di sempre. In particolare, sarà quella con la Bellonci a risentirne di più.
Nel 1970 muore Roberto e per superare il dolore Anna intensificherà le sue attività: si occupa della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi e della pubblicazione delle opere complete del marito. Pubblica anche le raccolte Je vous écris d’un pays lointain, Da un paese vicino e il romanzo La camicia bruciata; traduce Sidonie-Gabrielle Colette e Jane Austen e cura infine il volume su Daniel Defoe per la collana Meridiani della Mondadori. Nel 1971, all’età di settantacinque anni, attraversa il Portogallo in macchina. Accompagnata da Fausta Garavini, decide di assecondare un desiderio incompiuto del marito: studiare la pittura del paese lusitano. Nel 1981 arriva il suo ultimo libro, Un grido lacerante, autobiografico e molto toccante. Muore nel 1985 a Ronchi di Massa. Nel 2017 La nave di Teseo ha pubblicato Racconti ritrovati, con la curatela di Fausta Garavini. In commercio è possibile trovare anche il Meridiano della Mondadori Romanzi e racconti e qualche saggio di storia dell'arte. Il resto della sua produzione è recuperabile nell'usato, a prezzi purtroppo piuttosto elevati.
La camicia bruciata
La storia comincia nel 1661, si conclude nei primi anni del secolo successivo e narra le vicende romanzate di Margherita Luisa d'Orléans, sposa di Cosimo III de' Medici. Le biografie della Banti sono storicamente ben documentate, da scrittrice colta e seria qual era, ma hanno una caratteristica peculiare che incanta il lettore: una narrazione dialogante fra chi scrive e il personaggio descritto. Con sensibilità tutta femminile, nel senso più elevato, grazie anche alle accurate ricerche di documenti personali, la Banti riesce a penetrare nei reconditi recessi dei pensieri, delle emozioni e delle aspirazioni di questa giovinetta di famiglia reale. Nella nota introduttiva al libro, scritta di suo pugno, l'autrice chiarisce di essere stata "lontanissima dal desiderio di riabilitarne la memoria" e che "ciò che l'aveva spinta alla scrittura era stato il desiderio di considerarne le malefatte con criteri un po' più obiettivamente aggiornati".
La storia di Margherita Luisa d'Orléans è tutto sommato semplice. Cugina di Luigi XIV ma povera di mezzi, la giovane nobildonna sogna sia un matrimonio prestigioso che l'amore della vita; due cose, date le politiche matrimoniali e dinastiche, difficilmente conciliabili tra loro. Finisce infatti sposa del bigotto Cosimo III de' Medici, ben diverso dal suo illustre antenato Lorenzo. Ribelle, inquieta e affetta da un bovarismo ante litteram, mal si adatta alla claustrofobica corte fiorentina. Osteggiata dalla famiglia del marito e dalle, non passerà grandi momenti tra le mura della corte fiorentina. La sua figura, che la biografia scritta dalla Banti illumina in tutte le sue sfaccettature, si muove sullo sfondo con precisione e dovizia di particolari, tra Francia e Italia, con una serie di personaggi che seppur di contorno vengono descritti magistralmente dalla penna dell'autrice, vividi e palpitanti.
Ultima notazione conclusiva: il linguaggio di elevato registro si adatta perfettamente all'ambiente e alla storia narrata. Un altro piacere, questo, che si aggiunge alla godimento tratto dalla lettura del romanzo. Inutile dire che siamo molto lontani dai cosiddetti romanzi storici di consumo, che oggi riscuotono tanto successo di pubblico. Consiglio a tutti di leggere La camicia bruciata, libro che mi ha spinto per la prima volta a scrivere su questo sito.