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La coda della cometa, di Italo Cremona

Martedì, 29 Gennaio 2019

Lo avevo anticipato in chiusura alla recensione di Domingo il favoloso, il nome di Italo Cremona mi incuriosiva e mi sarebbe piaciuto trovare il tempo per approfondire qualcosa di suo. Complice il classico colpo di fortuna, dopo qualche giorno dalla fine del libro di Giovanni Arpino, in una delle librerie di seconda mano che sono solito frequentare, riesco a recuperare La coda della domenica, romanzo che Cremona pubblicò nel 1968 con Vallecchi, nella collana Narratori.

Pavese di nascita e torinese d’adozione, Italo Cremona rappresenta uno dei nomi chiave della cultura fantastico-surreale della città piemontese, nella quale giunse nel 1911 a pochi anni d’età. Sorta di personaggio pirandelliano, artista poliedrico lontano da schemi e correnti, capace di spaziare dalla critica d’arte alla letteratura, dalla scenografia alla pittura, dalla grafica all’incisione, in grado di indagare la realtà con ironia e un certo black humor che non gli faceva difetto. Guido Ceronetti, a tal proposito, sulle pagine de La Stampa ha scritto che tra le opere date alle stampe da Italo Cremona nel corso della propria vita, La coda della Cometa, Armi improprie e Zona Ombra, sono autentici capolavori, capolavori dell’umorismo nero italiano1. Con queste premesse, ho letteralmente divorato La coda della Cometa, unico romanzo tra i titoli citati (gli altri due sono raccolte di racconti), letto comodamente spaparanzato sul divano e in beata solitudine.

Il tema della solitudine non è casuale, visto che rappresenta il tema centrale del libro. Cremona ci racconta di una Torino resa deserta dal passaggio di un corpo celeste: restano le case, i palazzi, i monumenti, ma anche gli animali e un unico sopravvissuto, il protagonista della storia, che in prima persona racconta il passare dei giorni. La città e le sue vie si sono di colpo spopolate, c’è tempo per curiosare, per introdursi a caso in ville e abitazioni, con lo spirito dell’antropologo: non c’è più traccia di vita umana, ma la vita umana ancora affascina e incuriosisce.

La coda della cometa è un libro di difficile catalogazione, tra fantascienza e umorismo nero. Ricorda il Robinson Crusoe di Daniel Defoe, ma anche Io sono leggenda di Richard Matheson, con la discriminante che nel romanzo di Italo Cremona il protagonista non brama il ritorno dei propri simili ma sembra del tutto soddisfatto della propria condizione di unicum, manco fosse in vacanza. La vacanza, in questo caso, è davvero letterale e libera il narratore da ogni obbligo verso il prossimo, da ogni necessità di ordine sociale, economica e morale, sta bene nella condizione in cui si trova e si disinteressa totalmente del domani.

Tra rimandi continui che legano il passato con il presente, tra l’essere uno tra tanti ad unico sopravvissuto, il narratore si trova costantemente in bilico tra una molteplicità di condizioni, nelle quali sembra prendere il sopravvento il desiderio di fare pulizia, di togliere ogni macchia, ogni bruttura lasciata dall’uomo. Una certa ansia purificatrice sembra essere l’unica attività che lo interessi, a scapito anche del proprio avvenire: nulla sembra interessargli, nulla che possa dargli una mano a vivere negli anni futuri lo interessa. In combutta con una cagna che chiama Domenica, sua unica compagnia, profana, scava, buca e distrugge, con l’unico obiettivo di recuperare qualcosa da mangiare, per togliersi qualche bramosa e inutile curiosità sui suoi concittadini, per togliersi qualche sfizio. Alle prese con attività del tutto inutili in una condizione come la sua, come l’apprendimento della lingua tedesca o la lettura di libri e romanzi, vede passare le giornate una ad una, perdendo la cognizione del tempo, del passare dei giorni.

La coda della cometa è un romanzo di denuncia, contro l’ipocrisia e le nefandezze perpetrate della razza umana, dal quale il narratore prende le distanze, incapace di cancellarle perché troppo grandi e mostruose: Perché io? Perché sono rimasto solo io e non sono sparito come tutti gli altri? La tentazione di non vedersi come tutti gli altri è forte ed è il motivo per il quale, nella città deserta, non va a cercare eventuali sopravvissuti, se ne sta da solo, compiacendosi della propria unicità, del proprio essere diverso, quasi fosse leggenda....

Il libro è diviso in due parti, nella prima si vive il diario dell'esperienza solitaria, nella seconda si ri-vive il ritorno di tutti coloro che erano spariti all'improvviso. Senza voler raccontare troppo dell'epilogo, per non guastarvi la lettura, la sensazione è che la festa sia finita. che la vacanza abbia avuto termine e che il narratore sia costretto a tornare alla triste esperienza del quotidiano. Qualche danno l'ha fatto, ma in fin dei conti, chi non torna da una crociera con qualche chilo in più sulla pancia? La pacchia è finita, lui lo sa benissimo e non sembra esserne molto felice, tanto che la lettura si chiude con una sorta di epitaffio: “Io che ho ragione di credere d'essere stato per un po' di tempo l'unico uomo sopravvissuto sulla terra, neanche allora non ho provato il minimo orgoglio”.

Aveva ragione Guido Ceronetti, La coda della cometa è un gran libro, con una molteplicità di possibili chiavi di lettura, di rimandi simbolici talvolta anche difficili da cogliere. Come tutti i romanzi sui quali non è possibile apporre una chiara etichetta di genere, non ha avuto una gran fortuna per quanto riguarda vendite e riconoscimenti. Nel 1968 partecipò al Premio Strega, senza un gran successo: vinse Alberto Bevilacqua con L'occhio del gatto e Italo Cremona non prese nemmeno un voto dai giurati. Poco male, come ho avuto modo di raccontare qualche settimana fa, la coda della cometa chiamata Giorgio De Maria ci ha dato modo di riscoprire anche Giovanni Arpino e Italo Cremona: meglio tardi che mai!

  1. L’italiano che ride. Antologia dell’umorismo, Guido Ceronetti, La Stampa, 28 gennaio 1987

Scheda del libro

  • Titolo: La coda della cometa
  • Collana: Narratori
  • Autore: Italo Cremona
  • Pagine: 200
  • Editore: Vallecchi
  • Anno: 1968