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I romanzi dell’orrore della Edifumetto (1975 – 1976)

Martedì, 09 Aprile 2019

Renzo Barbieri ha avuto molti meriti. Verso la metà degli anni settanta, l’editore milanese affianca alle sue numerosissime collane a fumetti horror-erotiche una serie di romanzi del terrore, anch’essi destinati al circuito secondario delle edicole.

L'idea è mutuata dalla serie I Racconti di Dracula o dall’ormai estinta I KKK dell’orrore, collane uscite fin dalla fine degli anni ’50, sulla scia dei primi successi delle pellicole horror inglesi della Hammer. Barbieri, però, decide di lanciarsi nell’avventurosa produzione di pulp nostrani quando ormai il fenomeno (I Dracula appunto) comincia ad esaurirsi. La nuova avventura durerà infatti pochissimo, ovvero meno di un anno e produrrà appena dieci volumi. La serie I gotici sarà curata da Giuseppe Pederiali (uno dei giganti della letteratura italiana fantastica del secolo scorso, figura assai prolifica di scrittore, saggista e sceneggiatore di fumetti neri) e vedrà coinvolti, dietro i soliti nomi anglofoni, vari scrittori: Cesare Solini, Franco Tamagni, Inisero Cremaschi, Giò Signori, Ivana Conti (pseudonimo sempre di Pederiali. Le splendide copertine (i formati dei vari volumi risulteranno più grandi e maneggevoli rispetto ai Dracula o ai KKK) sono firmate da Giovanni Romanini, Karel Thole e da Alessandro Biffignandi, copertinista tra i più geniali, autore di moltissime illustrazioni per i fumetti neri di allora. Alcune tavole verranno riciclate per altre testate dello stesso editore: quella del primo numero e del nono, ad esempio, ritornano nella serie de Il vampiro presenta e I sanguinari.

Vediamo ora, brevemente, volume per volume, da cosa è composta questa serie di novelle horror. Novembre 1975, lire 500, esce la prima mensilità: IL BACIO DEL VAMPIRO di Phil Andersen, alias Cesare Solini (glorioso sceneggiatore di fumetti fin dalla fine degli anni 30), storia atmosferica che ha il pregio di presentare il contagio dei succhia sangue in un contesto rurale, povero e folkloristico, lontanissimo dai frac e bombetta dei Dracula cinematografici. Un altro pregio del romanzo è la prosa di Solini, per nulla preda di ansiogene esigenze di plot: avviene poco e quel poco è distribuito con mostosa eleganza e lentezza per tutte le 144 pagine del libro. Sul fondo la lettera dell’editore per presentare la collana ai lettori e vantare, tra i collaboratori editoriali, un gruppo di esperti cartomanti, studiosi di magia ed ectoplasmi! Segue la rubrica a puntate Varietà curata da Ivana Conti e trattante il tema dei vampiri. Siccome avanza dello spazio, e Barbieri non butta via niente, a pag. 149 parte, a puntate, un fumetto dell’orrore, La pergamena maledetta, ovvero la riduzione a fumetti del film baviano Gli orrori del castello di Norimberga.

Dicembre 1975, Bambole di sangue di Ferenc Nis alias Franco Tamagni, con la copertina immensa di Alessandro Biffignandi. Il libro purtroppo è una schifezza: l’idea di base ricicla il film di Browning La bambola del diavolo, poi però deraglia verso una specie di fantasy splatter che distrugge la tensione e l’atmosfera accumulata. Peccato, con un titolo così mi aspettavo il solito minorato mentale nerd che collezionava bambole e ammazzava belle ragazze perché impotente!

Gennaio 1976, n3, Schiava dei morti di Joseph von Köln alias Inisero Cremaschi (figura di peso per la fantascienza italiana, scrittore e saggista, nonché sceneggiatore per la televisione, suo infatti l’adattamento del celebre A come Andromeda, in cui riveste anche un piccolo ruolo) e copertina potentissima di Karel Thole. La trama mescola intrecci vampirici con morti viventi e rivolte nei cimiteri. Il sesso colora pesantemente le atmosfere, saturando lo spazio narrativo. La prosa è meno sfumata, o evocativa, rispetto ai Dracula; il lavoro di Cremaschi, così come quello dei suoi colleghi, è più violento e d’effetto, segno che i tempi stanno cambiando e così i bisogni di chi legge. La trama del romanzo è ripresa dalla sceneggiatura (probabilmente dello stesso autore) del fumetto Oltretomba n. 17 La droga dei cadaveri: un dottore ha trovato un modo per riportare in vita i morti e somministra le sue fiale a spoglie di nobili e servi della gleba, con risultato di protrarre la curtis nell’oltretomba; i pezzenti infatti sono rinchiusi nel cimitero adiacente al castello e costretti a putrefarsi senza morire per l’eternità; la coppia di baroni, invece, tra i velluti e i vestiboli riccamente adornati, conducono una vita fintamente normale e costringono il doctor a rifornirli in esclusiva con le preziose fiale. L’arrivo di una servetta porterà scompiglio tra i living dead. Da notare che, quando gli effetti della droga svaniscono, i morti iniziano a squamarsi in identica maniera ai mesmerizzati del Dylan Dog n. 7 La zona del crepuscolo.

Febbraio 1976, La maledizione degli spettri di Giò Signori è una noiosa storia di reincarnazioni e mummificazioni.

Marzo 1976, Ladri di cadaveri di Ivana Conti, alias Giuseppe Pederiali. Il libro è del Marzo del 1976, quindi prima di quasi tutto quello che i nostri living dead faranno sul grande schermo. Pederiali aveva già pubblicato il romanzo con un altro titolo nel 1974, per la Campironi, Venivano dalle stelle. Si tratta infatti di una storia di fantascienza che riprende gli spunti dei primi zombi sci-fi, quelli di Assalto dallo spazio del 1959. La seconda parte del libro ricorda molto L’invasione degli ultracorpi. Sicuramente il modello non era La notte dei morti viventi di Romero. Degli Ufo incorporei, puri impulsi elettromagnetici, vagano per l’Universo in cerca di corpi da abitare. Incappano nella terra e l’invasione ha inizio. Solo che è indolore: gli alieni possono prendere possesso unicamente dei corpi defunti, non abitati da una coscienza vigile. Una piccola cittadina americana da sfondo (grande limite di questi scrittori, sia dei Dracula, dei KKK, era proprio l’impossibilità ad osare nel collocare i fatti nei nostri borghi bellissimi, ricchi di storia, tradizioni, leggende - anche se, leggendo la bella recensione alla prima versione del romanzo qui su Mattatoio n. 5, mi accorgo che la vicenda era originariamente ambientata in Emilia, nella pianura Padana). Un bimbo che asserisce di vedere nei campi la madre appena morta. Figure deambulanti di annegati che s’aggirano nell’aia e divorano rospi. Queste le prime bellissime pagine atmosferiche del libro che ci portano forse all’esempio tutto italiano del film di Grau Non si deve profanare il sonno dei morti del 1974.

Aprile 1976, Il mostro di Loch Ness ancora di Solini è, contrariamente al titolo, uno psycho thriller con un mostro umano nascosto sotto sembianze innocue. Il finale è bello e il colpo di scena rende alla grande. Per il resto il racconto non lesina situazioni splatter di gusto già molto anno ottanta. La copertina ancora di Thole è mozzafiato e bellissima e cerca di tenersi al passo con la violenza crescente alla base delle nuove pellicole del terrore americane.

Maggio 1976, Macabra ressurrezione di Connie Wilson, alias Franco Tamagni. Deludente romanzo di reincarnazioni, strani esperimenti scientifici che riportano in vita una bella mummia egiziana che ha il potere telepatico di far scoppiare la testa a chi la intralcia nei suoi piani. Certe atmosfere museali sembrano rimandare alla memoria dello sceneggiato francese Belfagor, ma per il resto il libro non decolla mai ed è un peccato, visto che avrebbe potuto essere una delle poche storie della nostra letteratura sulle mummie! Intanto, in coda al volume, è cominciato un nuovo fumetto a puntate, La maledizione di Boemondo.

Giugno 1976, esce Un fantasma all'obitorio di Ivan Damm, alias Giò Signori. Il romanzo appare un pastrocchio indecifrabile, eppure accumula, pagina dopo pagina (nonostante la scrittura frettolosa) un fascino inaspettato, al punto che si fatica a interrompere la lettura. La vicenda è quasi impossibile da riassumere. Ivan Damm è il personaggio al centro della trama e si presenta come una sorta di investigatore dell’incubo, sempre a caccia dei misteri dell’aldilà. Uno strano fantasma gli recapita una pergamena, mettendo in moto una vicenda di spettri reincarnati che sembra richiamare alla memoria certi passaggi dello sceneggiato RAI Il segno del comando. Ivan Damm è una sorta di Ugo Pagliai invischiato in una vicenda torbida che mescola spy story, cospirazioni e vecchi conventi pieni di misteri. La svolta arriva quando il protagonista si reca in una città immaginaria, Atlantis, che somiglia moltissimo (cosa rarissima per questo tipo di letteratura) all’Italia di allora. La città (e con essa il mondo) sembra nelle mani di strane potenze occulte, in bilico tra forse politiche contrapposte (riferimento alla guerra fredda? Alla contrapposizione tra mondo occidentale e orientale?). Il caos è a un passo dallo scoppiare. Incidenti, attentati anarchici e strani hippies precipitano Atlantis in un clima da golpe imminente. La memoria corre al Piano Solo del 1964, o al recente tentato golpe destroide della notte dell’Immacolata del 7 e 8 dicembre del 1970. Il romanzo prende la strada dei deliri golpisti, inscenando sommosse di piazza, cariche della polizia e l’afa dei lacrimogeni su tutto. Giò Signori ha un atteggiamento reazionario e si tiene nel vago, costruendo un suo Todo Modo horror in cui tutti i politici della nazione sono vittima di una macabra cerimonia sanguinaria (una bara piena di sangue infetto li contagia durante una cerimonia funebre dai fasti pietrificati, in tutto simile ai funerali di stato tenuti la mattina del 15 dicembre a Milano per le vittime di Piazza Fontana) e presto sostituiti da sosia e figuranti scelti per mettere a tacere tutto. Giò Signori ha la sfrontatezza di costruire un romanzo costellato da una miriade di pezzi tra loro non perfettamente combacianti (proprio come nella trama volutamente confusionaria de Il segno del comando), mescolando vaghi (ma efficaci) riferimenti a un mondo contemporaneo e situazioni classiche di un gotico oltretombale e dal sapore stantio, necrofilo (in particolare si vede la figura del personaggio dell’imbalsamatore e pietrificatore di belle morticine).

Il resto scivola in una colata incandescente, un magma di pulsioni horror che si confondono con un contesto storico sfumato, indefinito, dietro al quale non è difficile riconoscere le agitazioni crescenti dell’Italia di allora. La figura del fantomatico hippy attentatore assassino diviene una sorta di spettro espanso che muove i fili di oscure ombre di tossicodipendenti brigatisti che si aggirano nei sotterranei di un grande obitorio! Difficile dire altro, se non che questo romanzo indefinito e scomposto è sicuramente il più bello della collana e probabilmente tra le cose più belle uscite nel magma di romanzi da edicola di allora. Da rileggere con più calma.

Agosto 1976, sempre lire 500, esce Il rantolo della medium di Von Koeln - Cremaschi. La copertina di Thole andrebbe studiata a scuola. La storia è originalissima, ambientata a Volterra, in terra etrusca e ricorda molto le atmosfere suggestive del film di Crispino. Anche qui siamo dalle parti di un thriller all’italiana mescolato con venature fantastiche, reincarnazioni e incauti turisti americani.

Settembre 1976, ultimo libro della collana, L’immondo, libro ancora di Cremaschi che ricicla la storia di Frankenstein, giocando a destrutturare il mito della Shelley alla stessa maniera di un Morrissey o di un Mario Mancini, registi che destrutturano la figura letteraria del mostro, rendendolo un freak superdotato buono solo per frantumare corpi e violentare belle ragazze. Il volume si chiude con un lungo fumetto umoristico, Draculino e caroselli varie.

Chapeau!