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Il trasloco, di Georges Simenon

Martedì, 01 Marzo 2022

Ho sempre apprezzato Georges Simenon, uno di quegli autori che più o meno tutti hanno letto almeno una volta nel corso della propria vita. I romanzi che vedono protagonista il Commissario Maigret non solo sono moltissimi, ma si trovano in giro con altrettanta facilità, acquistabili anche per pochi spiccioli. È difficile immaginare che ci possa essere un titolo dell’autore belga, che possa fare al caso nostro, eppure Il trasloco è proprio tra questi: dimenticato e difficile da reperire, ma anche un poco sopra le righe. Mi piace pensarlo "diverso", e non solo per i contenuti. Ma facciamo un passo alla volta. 

Qualche settimana fa, ad un mercatino delle cianfrusaglie, sono stato attirato da un libro della Medusa, meno "verde" del solito. La serie edita dalla Mondadori è talmente iconica, che qualsiasi variazione sul tema viene immediatamente colta da un occhio attento. Sulla copertina, contrariamente alle abitudini, i grafici di Segrate misero una fotografia in bianco e nero, ad occupare buona parte dello spazio a disposizione. Ho scoperto su Simenon in Italia1 che questa modifica venne introdotta nel 1968, per gli ultimi volumi della collana. Il trasloco, il libro che avevo tra le mani, è proprio tra questi. Ultimo di quindici romanzi senza Commissario Maigret come protagonista, usciti nella Medusa nell’arco di quindici anni, venne pubblicato nell’agosto del 1968 con la traduzione di Laura Guarini. Inutile dire che l'ho acquistato immediatamente, attirato dalla sinossi, ma anche dall'immagine sul frontespizio: una ballerina seminuda, che danza sotto gli occhi degli avventori, in un night club fumoso.

Pur essendo nato a Liegi, Georges Simenon viene considerato uno scrittore parigino. Nella capitale francese visse molti anni e sviluppò buona parte delle storie che lo resero famoso. Tra queste, anche quella che vede coinvolto Emile Jovis, padre di famiglia giunto a quell’età dove è spesso necessario “mettere in chiaro al mondo” di avere fatto strada nella vita. Emile non solo è un impiegato modello, ma anche un marito esemplare e un padre affettuoso. Per questo decide, letteralmente, di cambiare casa, di trasferirsi con la famiglia da un vecchio e rappezzato appartamento ad uno nuovo, che lui stesso definisce "luminoso, senza carta da parati a fiori, senza angoli sporchi e senza il sudore di generazioni di inquilini". 

Il trasloco certifica il successo del protagonista, che sposta la residenza dal quartiere popolare di rue des Francs-Bourgeois al complesso residenziale di Clairevie, costruito lontano dal centro e dal caos cittadino. Il "nuovo mondo” non è però l’eldorado promesso dalla società immobiliare: incastrato tra l’autostrada e la ferrovia, a pochi chilometri dall’aeroporto, è un susseguirsi di “lotti” in cemento armato, anonimi e privi di quella vitalità che è difficile ricreare a tavolino. C'è solo un grande supermercato, nel quale però la gente sembra avere poca voglia di mettersi a tessere relazioni sociali. Non si può far altro che mettersi in osservazione, cercando di capire dove siano finiti gli altri: spiare fuori dalle finestre, percepire rumori e profumi. Clairevie ricorda molto un non-luogo, un posto che nel libro stesso viene definito come un lotissement, una parola neutra che indica tutto e niente. Emile si è scontrato più e più volte con questa definizione, cercando di trovare un'alternativa: è spiacevole non essere in grado di definire esattamente dove si vive.

Emile aveva buoni propositi: rendere più felice la propria famiglia. Pensava che la nuova sistemazione sarebbe stata accolta con maggiore interesse dalla moglie Blanche e dal figlio adolescente Alain, ma ben presto si renderà conto che non è per nulla così. Il suo sogno, di emancipazione e ascesa sociale, si trasforma in un incubo. Non tanto per il mutuo, quanto per gli avvenimenti che il nuovo appartamento si porta in dote. Pensa spesso che ci vorrà del tempo, ma poi tutto andrà a posto. E dire che quando tutti assieme arrivarono in macchina a Clairevie, seguiti dal camion del trasloco, era proprio euforico: “La vita comincia adesso, vedrai”. Non poteva saperlo, ma nulla sarà più come prima, a cominciare dalle ore notturne. Mentra Blanche sembra non avere problemi ad addormentarsi, Emile fa molta più fatica. Oppone resistenza a Morfeo, sta aspettando che avvenga "qualcosa", in vigile attesa:

Era rimasto più di un’ora con l’orecchio incollato al muro per udire meglio e dopo, quando le voci e i rumori erano cessati, non si era più sentito lo stesso uomo”. Fin dalla prima notte, “i rumori, le voci, le risa, e poi tutto il resto” provenienti dai vicini lo avevano tenuto desto. 

Emile, ogni notte, aspetta il momento in cui dall'altra parte in cui "si daranno da fare". Si può dire che attenda il suo alter ego. Non conosce nemmeno il volto dei due amanti, cosa facciano nella vita e come si comportano, tanto che se li incontrasse per strada non sarebbe in grado di riconoscerli. Vergognoso di sé, ma anche stimolato da una curiosità morbosa, è attratto dai rumori, dai sospiri e dalle parole che gli giungono e che stimolano la sua immaginazione. Emile scopre un mondo nuovo, che lo attrae terribilmente, fatto di sordide attività. Per ora ne percepisce solo i suoni, ma è deciso a vederci più chiaro, anche a rischio di mettere tutto a soqquadro. Dice a se stesso che è felice, o almeno dovrebbe esserlo. Ma qualche dubbio comincia ad affiorare. 

Anche la scrittura di Georges Simenon si adegua ai pensieri del protagonista, ai suoi cambiamenti, facendosi più serrata e per certi versi anche compulsiva. Emile viene colto da un'autentica ossessione: chi sono i suoi vicini? Che vita conducono? Come una falena attratta dalla fiamma, una sera mente alla moglie e decide di capirci qualcosa di più, perché crede che siano disonesti. Si reca nel night club dove ha scoperto che lavorano, per osservarli da vicino. Gli "eventi" lo prendono per mano, lo conducono su piani diversi, dove non è abituato a giocare. Emile ha l'impressione che lo abbiano messo in trappola e inizia a comportarsi in maniera strana. Ciò che sembra un sogno, fatto di ballerine, whisky, musica e un pizzico di brio, diventa un incubo, dove purtroppo è impossibile distinguere realtà e finzione, delirio e lucidità. 

Quella che segue è una rara escursione di Simenon nel flusso di coscienza, mentre Jovis visita la discoteca e il suo mondo si dissolve nell'incoscienza da ubriaco

Come in altri libri di Simenon, anche in questo ci viene raccontato cosa può accadere ad una persona, se viene a trovarsi in un contesto molto diverso dal solito. In poche pagine lo scrittore belga è trasforma un impiegato modello, educato a sani e buoni principi, in un confuso ubriacone, guidandoci nel flusso di coscienza che lo indirizza. Emile Jovis si rende probabilmente conto che la sua vita è del tutto mediocre, di una banalità assordante. Non sono i vicini a tenerlo sveglio, è la voce della sua coscienza. Il trasloco è un romanzo singolare, nel quale il lettore assiste all'implosione morale del protagonista, condotto pagina dopo pagina ad una fine che, seppur scontata, non può che lasciare l'amaro in bocca. Non aggiungo altro e spero di non avervi rovinato "il finale".

Chiudo con una citazione di Federico Fellini, recuperata da Carissimo Simenon Mon Cher Fellini2: "Ho letto in questi giorni un tuo romanzo che non conoscevo, Le déménagement. Viene voglia di applaudirti sempre, di scriverti, di dirti bravo".

  1. Simenon in Italia, di Marco Biggio e Andrea Derchi, Edizioni Cinque Terre, 1998
  2. Carissimo Simenon Mon Cher Fellini, Carteggio di Federico Fellini e Georges Simenon, di Federico Fellini e Georges Simenon, Adelphi 2001

Scheda del libro

  • Titolo: Il trasloco
  • Collana: Medusa, 530
  • Autore: Georges Simenon
  • Traduttore: Laura Guarino
  • Pagine: 185
  • Editore: Arnoldo Mondadori
  • Anno: 1968