Fantascienza

Uccidere i mostri, di Vernon Sullivan

Mercoledì, 18 Giugno 2014

Vernon Sullivan non è certo famoso per questo romanzo. In linea di massima non è famoso per nulla, ma se aggiungiamo che Vernon Sullivan è lo pseudonimo con cui Boris Vian scrisse quattro romanzi, le cose cambiano.

Boris Vian è stato uno scrittore tra i più significativi dell'avanguardia letteraria francese degli anni Quaranta, la cui morte prematura ha certamente contribuito a ingigantirne il mito. Personalmente lo annovero tra gli autori che preferisco, per ironia, stile e capacità di non essere mai fedele a se stesso. Bastano queste poche righe per inquadrarne il personaggio, o i personaggi, vista la facilità con cui Boris Vian è solito confondere le acque, senza dimenticare che fu anche musicista, poeta e "satrapo" del Collegio di Patafisica – la scienza delle soluzioni immaginarie – di cui fecero parte anche Marcel Duchamp, Max Ernst, Mirò, Prevert e Queneau. Una versalità che permise a Vian di spaziare e di esprimere in vari modi le contraddizioni della sua epoca.

Vernon Sullivan viene "venduto" come autore nero di pelle bianca, veterano della Seconda guerra mondiale e censurato in patria a causa del razzismo. Vian, durante la sua breve carriera, fece spesso ricorso a pseudonimi e Sullivan incarnò il suo alter-ego più duro e violento, alla stregua degli autori hard boiled tanto in voga in Francia negli anni '50. Jean D'Halluin, a capo delle Éditions du Scorpion, voleva qualcosa di forte e Boris Vian lo accontentò, scrivendo Sputerò sulle vostre tombe. Il libro uscì nella celebre collana Série Noire, con una introduzione nella quale Vian finse di aver tradotto l'opera di Vernon Sullivan. Solo dopo le feroci critiche ricevute, l'ondata di clamore e l'indignazione unanime (con conseguente denuncia per pornografia e relativo processo), Vian fu costretto a confessare di esserne il vero autore. Il motivo dell'enorme clamore suscitato da Sputerò sulle vostre tombe è da ricercarsi nell'insolita tematica del delitto razziale, originato dai rapporti sessuali tra un "negro" e una bianca. È sempre il sesso a fare da collante con i tre libri successivi usciti a nome di Vernon Sullivan, caratterizzati anche da una scrittura diretta e poco elaborata. Il secondo in ordine cronologico, Les morts ont tous la même peau, è uscito in Italia nel 1999 per Marcos y Marcos, col titolo Tutti i morti hanno la stessa pelle. L'Editoriale Contra di Milano nel 1966 diede alle stampe Et on tuera tous les affreux (E uccideremo tutti i ricchioni) e Elles se rendent pas compte (Esse non si rendono conto), rispettivamente terzo e quarto romanzo della serie. E uccideremo tutti i racchioni è stato ristampato dalla Ennio Ciscato nel 1969 con un nome più politically correct: Uccidere i mostri, nella serie Gamma, i Classici della fantascienza. Nel 1993 è Marcos y Marcos a creare ulteriore confusione, pubblicandolo come E tutti i mostri saranno uccisi. Poiché la copia in mio possesso è quella edita da Ennio Ciscato, parlerò da questo momento in poi di Et on tuera tous les affreux come di Uccidere i mostri.

La pubblicazione del romanzo avvenne in due tempi: uscito originariamente nel 1948 su France-Dimanche, come romanzo a puntate, ebbe una imporvvisa interruzione dopo soli due mesi, a causa dell'indignazione e del malumore creatisi tra i lettori della rivista, tanto che si dovette aspettare nuovamente le Éditions du Scorpion per vedere l'opera completata e pubblicata qualche mese dopo. Si è sempre parlato di Boris Vian come di un autore poliedrico e Uccidere i mostri non smentisce questa affermazione: giallo, poliziesco, hard-boiled, fantascienza sono i generi a cui si potrebbe fare riferimento, senza dimenticare che tra le righe si toccano temi difficili come la razza e il sesso con un'ironia e un sarcasmo degni di un fuoriclasse. La sensazione, fin dalle prime pagine, è che il contesto fantascientifico sia molto marginale, anche se non secondario: cani che parlano e scienziati pazzi di origine tedesca con strane idee per la testa rendono la trama surreale, lontana dai canoni classici del giallo.

Il protagonista, Rock Bailey, è un bel ragazzo diciannovenne corteggiato e ammirato da qualsiasi ragazza gli passi accanto (anche questa, a mio avviso, è fantascienza): tutte vorrebbero portarselo a letto e solo una promessa fatta a se stesso evita che questo accada. Fino ai vent'anni ha infatti deciso di rimanere vergine e concentrare le forze sul proprio fisico e non su quello altrui, con l'obiettivo di ambire al titolo di "Mister Los Angeles". Le giornate di Rock sono all'insegna della bella vita, tra sortite al bar in compagnia degli amici e sedute di allenamento in palestra. Proprio la smagliante forma fisica lo trascina, suo malgrado, in un'inquietante vicenda di riproduzione forzata della bellezza messa a punto dal dottor Schutz, temibile e invasato scienziato che mira alla conquista del mondo con i suoi perfetti "cloni". Improvvisandosi detective, Rock si addentra assieme ad alcuni amici e a un cane in un mondo di violenza delirante, dominato dal culto dell'immagine, animato da vamp bisessuali e supermaschi nerboruti. I protagonisti giocano a fare i detective, consapevoli che «i film di Bogart hanno insegnato che in quel mestiere se ne prendono più spesso sulla pera che viceversa».

Vian in versione Sullivan ha come costanti i temi del sesso, dell'alcool, della violenza e delle discriminazioni razziali, anche se in Uccidere i mostri la dimensione è più surreale e delirante. Non va dimenticato che il libro risale agli anni '40, per cui oggi le scene di sesso fanno più sorridere che altro, ma non è difficile immaginare come allora potessero essere tacciate di pornografia. La sensazione è che sul finale Vian la butti "In vacca", tanto che lo stesso Rock Bailey sostiene la stessa cosa nel finale del libro. Rispetto a Sputerò sulle vostre tombe, Vian affonta il tema del razzismo non più collegandolo al colore della pelle, ma alla sessualità e alla bellezza: riuscirà la specie umana "normale", così brutta e imperfetta, a non soccombere a un mondo di bellezze artificiali?! La risposta è nelle ultime pagine e vedrò di non rovinarvi il finale, aggiungendo infine che Uccidere i mostri rappresenta a mio avviso il titolo migliore della quadrilogia di Vernon Sullivan, nel quale Boris Vian è il più affine a se stesso: leggero e ironico quanto si vuole, ma non privo di riflessioni e spunti critici nei confronti della società, con chiare intenzioni provocaorie verso l'élite dominante e le presunte "buone maniere".

Scheda del libro

  • Titolo: Uccidere i mostri
  • Collana: I capolavori della fantascienza n.4
  • Autore: Vernon Sullivan
  • Traduttore: Enzo Mastrorilli
  • Pagine: 202
  • Editore: Ennio Ciscato
  • Anno: 1969