Fantascienza

I riti dell'infinito, di Michael Moorcock

Venerdì, 07 Marzo 2014

«Fuori dello spazio e del tempo, ognuno chiuso in un suo limbo, esistevano i pianeti chiamati Terra. […] Uno era composto quasi esclusivamente di oceani, con poche foreste di alberi giganteschi, distorti, che crescevano nell'emisfero nord; un altro sembrava immerso in un crepuscolo perenne: un pianeta d'ossidiana scura; un altro ancora era un nido di cristalli multicolori, e un altro possedeva un unico continente che formava un anello di terra attorno a una grande laguna. I relitti del tempo, abbandonati, moribondi. […]
Indossava una camicia hawaiana, calzoncini da spiaggia color oro, un paio di scarpe da ginnastica logore, e un berretto da giocatore di baseball. Pesava almeno centoventi chili ed era alto più di un metro e novanta. Un uomo grosso. […]»

Alternando abilmente descrizioni evocative a dialoghi brillanti, un Moorcock non ancora arrivato alla maturità del ciclo di Jerry Cornelius (ma già direttore di New Worlds) ci propone un eroe anticonformista. Il dott. Faustaff, grasso, gaudente e seduttore come Falstaff, ed eroicamente intento a continuare la missione che già costò la vita a suo padre: salvare le multi-Terre dalle misteriose "squadre D", che possono scatenare la distruzione incontrollata di uno di questi pianeti, e dei suoi abitanti.
Le multi-Terre sono state scoperte per caso, e solo alla conclusione capiremo quante siano davvero e la loro vera natura. Sono diverse tra loro non solo per l'aspetto geologico, ma anche perché la mentalità degli abitanti di ognuna appare ferma a una certa data: ogni battaglia contro le squadre D, anche quando viene vinta, comporta ulteriore entropia e arretramento nel tempo; ne consegue un adattamento della mentalità degli abitanti, che mettono rapidamente a tacere chi ancora ricorda i tempi precedenti; è uno degli aspetti più curiosi del romanzo, forse una critica del conformismo sociale.
Si tratta in sostanza di un breve romanzo di avventura: il soggetto ha un debito evidente con I fabbricanti di universi (e al tempo stesso, l'incontro con i "superiori" anticipa quello nel Fiume della vita): Moorcock accenna però molti temi che sarebbe valsa la pena sviluppare di più.

Per esempio, se davvero anche la "nostra" Terra faceva parte degli esperimenti, e la "attivazione" di ogni Terra comprende i complessi "riti dell'infinito", in cui la nuova popolazione vive ruoli inconsci e archetipali, qual è stato il ruolo di questi riti nella nostra storia, nella nostra psicologia, nelle nostre religioni? Da materiale così, Farmer avrebbe tratto centinaia di pagine!
Vale la pena notare anche l'approccio verso la religione: se Farmer è materialistico come un antico pagano (gli dèi sono più forti di noi, punto), e Asimov uno schietto razionalista (religione = superstizione: non perdiamo tempo a parlarne), Faustaff propone un'evoluzione dell'uomo attraverso fasi successive: dalla superstizione che umilia la ragione, alla religione che la accetta, fino alla scienza, che la esalta e si accompagna a un "sano edonismo".
Da buon inglese MM non fa mancare spunti anticattolici, nella figura dell'(ex) cardinale Orelli, l'unico vero vilain: un uomo la cui falsità naturale era stata portata a piena maturazione dall'educazione religiosa ricevuta su T4 (eppure, almeno la genuinità della sua vocazione originale si manifesterà, in una scena sorprendente): un aspetto che difficilmente troveremmo in altri scrittori dell'epoca e prelude al dissacrante "INRI" (Disch scrisse su questo tema, ma negli anni '80).

Ma l'aspetto più interessante è il protagonista.

«Caddero altri suoi uomini. Faustaff riuscì a stento a impedirsi di piangere. Provava una rabbia disperata, ma nemmeno per un secondo lo sfiorò la tentazione di rispondere al fuoco degli esseri che stavano provocando quella carneficina.»
È già un po' dandy, come altri personaggi moorcockiani, ma soprattutto un vero epicureo: edonista, ma così profondamente rispettoso della vita altrui da essere incapace di ricorrere alla violenza, anche solo per difendere i suoi uomini da un attacco mortale. L'unico senso nella vita, per Faustaff, può essere un saggio divertimento: con queste argomentazioni, riuscirà anche a portare dalla sua parte i "burattinai" di questo universo.
Siamo negli anni '60 e anche un grassone vestito in maniera assurda può essere cool, se ha attitude... tant'è che già nelle prime pagine l'autostoppista, scaricata in mezzo al deserto da un camionista perché non gli si concedeva, si concede prontamente a lui; che pure la sospetta (ma non troppo) di essere una spia delle Squadre D.

Fino alla giusta conclusione del romanzo:

«"Non dobbiamo più temere una cosa del genere, Nancy", disse lui. "Adesso possiamo arrivare da qualche parte. Basta che ricordiamo di non prenderci troppo sul serio, di rilassarci. Quei ponti significano comprensione, comunicazione...".
Nancy annuì, seria. Poi alzò gli occhi su Faustaff, e sul suo viso nacque un sorriso enorme. Gli strizzò l'occhio. Lui sorrise, le fece l'occhiolino.

Entrarono in casa e, assieme, si lanciarono sul letto.»

Scheda del libro

  • Titolo: I riti dell'infinito
  • Collana: Omicron Fantascienza
  • Autore: Michael Moorcock
  • Pagine: 128
  • Editore: SIAD Edizioni
  • Anno: 1981