Non classificabili

Tentativo di esaurimento di un luogo padano

Domenica, 05 Novembre 2023

A due mesi dalla sua uscita in libreria e dopo una ventina di presentazioni pubbliche, tra Emilia e Lombardia, sento fortemente il desiderio di prendere carta e penna per raccontare La pianura dei portici. Ho scelto di farlo qui, su Mattatoio n.5, dopo aver cercato invano un posto che potesse accogliere le mie parole. Ho condiviso il mio pensiero in vari contesti e ho notato che la situazione è fondamentalmente la stessa anche sulle cosiddette riviste indipendenti: "Sei un nessuno, passa oltre”.

Nulla di nuovo, aggiungo io. In fondo, proprio l'esempio dei portici è quello più calzante. Pensati per accogliere tutti, senza necessità di passaporti o altro, oggi sono perlopiù colonizzati da  franchising e insegne internazionali. I negozi di vicinato faticano a trovare spazio. Si può quasi dire che i centri cittadini e alcuni siti web, dedicati alla “cultura”, si assomigliano tutti un po’ troppo. Ci si trova sempre la "solita" roba, tutto ha lo stesso aspetto.

In molte località, dai piccoli paesi alle grandi città, è possibile trovare dei portici. Sono un elemento molto comune, soprattutto in pianura padana. Eppure, un saggio che li descriva in modo accurato non è mai esistito, almeno fino a ieri. Questo è emerso spesso durante le presentazioni de La pianura dei portici, in librerie e biblioteche. La loro natura li rende quasi invisibili, in un'epoca in cui si è sempre di fretta o con lo sguardo basso, rivolto allo smartphone. Li percorriamo senza prestare loro molta attenzione, come una sorta di preliminare al quale è impossibile fare a meno ma del quale godiamo poco. Dopo anni di frequentazioni, infatti, i portici diventano solo un'abitudine, un prefisso che anticipa situazioni anche diverse tra loro ma che affrontiamo con lo stesso cipiglio. 

A cavallo tra pubblico e privato, tra l'esterno di vie e piazze e l'interno dei palazzi, tra il livello della strada e i piani superiori, tra la solitudine del viandante e la moltitudine della folla, i portici sono "trans", dalla lingua latina, perché si è soliti percorrerli per spingersi poi al di là, oltre la loro natura. Verso e viceversa, poco importa. Il portico è talvolta visto come un mero prefisso. Dove si vada, poi, è ininfluente: l'uomo deve fare, brigare, comprare, muoversi, …

Alt! Simone Terzi nella prefazione del libro riporta le parole di Georges Perec, che sulle pagine di Tentativo di esaurimento di un luogo parigino descrive case, negozi, autobus, manifesti e più in generale tutto ciò che attirava il suo sguardo, con il proposito di narrare ciò che generalmente non si nota, “quello che accade quando non accade niente, se non il passare del tempo, delle persone, delle macchine e delle nuvole”. Le faccio idealmente mie, nuovamente. Dico nuovamente perché La pianura dei portici è esattamente questo: osservazione e riflessione. Con Fabio Veneri, Giacomo Cecchin e Giuseppe Vitale abbiamo acceso un riflettore sui quelli padani,  tra l'Emilia e la provincia di Mantova, raccontandoli nei modi più disparati, fra letteratura, illustrazione, poesia e storia. 

La pianura dei portici è tutto tranne che un pamphlet, anche se una certa vena polemica, soprattutto durante le presentazioni, viene sempre fuori. Percorrendo al contrario questo mio testo, come fosse un portico, si può tornare al punto di partenza. Verso e viceversa, poco importa. Dicevo infatti, poco più sopra, che i centri storici si svuotano di vetrine e quelle che ci sono hanno le medesime cose, un po' dovunque. Un po' come le riviste e i settimanali che propongono e ripropongono gli stessi temi e i medesimi nomi. Non credo sia un azzardo il parallelismo tra insegne e testate, tra prodotti e generi letterari, tra brand e scrittori. La cultura, alla fine, non è che una piazza, dove chi può espone i propri prodotti e dove chi acquista non ha il coraggio, la forza o il desiderio di provare altro. 

Non sono un sociologo, non ho risposte da dare, ma solo domande da porre: "Perché in pochi decenni siamo passati da un’offerta variegata, e molteplice, a un'uniformità che impoverisce chiunque, lettori e vetrine comprese? Perché cerchiamo tutti le stesse cose? Perché preferiamo uniformarci, invece di distinguerci in qualche modo?". Nel piccolo paese nel quale vivo, è facile individuare il confine che divide il “vecchio” millennio dal successivo. Il primo è cacofonico, quasi eccessivo: case dalle forme e dai colori diversissimi, che sembrano sfidarsi le une con le altre, senza una soluzione di continuità. Poi, si passa a interi quartieri perfettamente uguali, con le abitazioni che ricordano più le caserme che i luoghi ameni nei quali si vorrebbe vivere.

Tutto questo mi capita di chiederlo nel corso delle presentazioni del libro, che in fondo non è altro che una sorta di transfert, di portico fattosi carta, per “spingere” il lettore alla riflessione e all’osservazione. Non a caso, il sottotitolo dell'opera è Itinerari di un incontro sentimentale, che oltre a sintetizzare in modo eccellente il contenuto del saggio, rappresenta una chiara dichiarazione d'intenti, un auspicio che il sottoscritto, Fabio Veneri, Giacomo Cecchin, Giuseppe Vitale e Simone Terzi rivolgiamo a suo favore. Flâneur è il primo termine che mi sovviene, perché egli possa girare il mondo con i dovuti modi e i necessari tempi, osservandolo come se fosse la prima volta.

Scheda del libro

  • Titolo: La pianura dei portici
  • Sottotitolo: Itinerari di un incontro sentimentale
  • Autore: Fabio Veneri, Giacomo Cecchin, Massimiliano Boschini, Simone Terzi e Giuseppe Vitale
  • Pagine: 104
  • Editore: Sometti
  • Anno: 2023