Horror

Un’ombra nell’ombra, di Pier Carpi

Lunedì, 18 Novembre 2013

Due cose vanno dette subito. La prima: Un’ombra nell’ombra (1974) è un romanzo splendido che consiglio di leggere senza pregiudizi e possibilmente senza sapere nulla della trama, per godersi di più il raffinato crescendo di suspense. Chi vuole osare, tralasci questa recensione, nella quale comunque cercherò di svelare il meno possibile, e corra a cercarlo. La seconda: Pier Carpi ne ricavò un film (Marco Giusti in Stracult1, bibbia del trash italiano, dice che fu «girato nel 1977, ma non chiuso prima dell’intervento del produttore Piero Amati», che tolse la regia a Carpi). A detta di tutti, un film brutto (nonostante il cast grandioso per un progetto simile: Valentina Cortese, Irene Papas, Marisa Mell), anche se non al punto da essere assunto nell’Olimpo dei veri cult, e significativamente diverso dal romanzo in alcuni passaggi fondamentali.

Manlio Gomarasca e Davide Pulici lo inseriscono nella loro Piccola cineteca degli orrori e dimostrano di aver ben compreso anche il libro: «Pier Carpi era un ottimo conoscitore del mondo dell’esoterismo. Possedeva la capacità di calare la dimensione magica all’interno della realtà di ogni giorno, per svelarne l’intima comunione con la vita di ogni essere umano. Protagonista del suo romanzo Un’ombra nell’ombra è una sorellanza di streghe ‒ trasversale a vari ceti e condizioni (impiegate, benzinaie, professoresse, puttane) ‒ che sullo sfondo di un’operosa e quotidiana Milano si trova ad affrontare l’incognita di un nuovo germe proliferante in seno alla congrega: una ragazzina che, dotata di poteri superiori, rifiuta l’integrazione nella comunità e decide di promulgare nuove leggi. Nel testo non ci sono diavoli: si fa solo menzione di un’inquietante, metafisica mosca che ogni strega allatta al proprio capezzolo e la cui esistenza è legata per vie magiche a quella della rispettiva nutrice. Sullo schermo, al contrario, le streghe sono tali per avere soggiaciuto, una notte di anni prima, durante una bizzarra messa nera coreografata come un balletto di varietà, al Signore delle tenebre, che si presenta loro come un giovane aitante e le possiede una a una, mentre le altre assistono»2.

La parola «strega» si legge nel libro solo a p. 117 (di 178). La narrazione si mantiene ellittica e reticente fino alla fine, sorretta e resa ancora più perturbante dal minuto realismo delle descrizioni: gli interni e gli esterni dell’«operosa» Milano, l’ascensore perennemente fermo a un piano perché le porte non sono state ben chiuse (o perché qualcuno le riapre), i cortili nascosti, le case di ringhiera, i viali e i parchi di notte, i bar con la sala del biliardo… «Milano dai vetri dell’inverno. Una città che ride della sua tristezza dipinta sull’allegria nascosta. E il sorriso è largo, e il fiato è ampio, e si fa foschia, e si fa nebbia3». Al contrario, la descrizione particolareggiata degli oggetti e dei rituali esoterici (non a caso, tutti dei fiaschi) fa cadere completamente la tensione, quasi a suggerire al lettore di chiedersi dove si annida la vera paura e perché (i primi capitoli sono terrificanti, eppure sul piano evenemenziale c’è una mamma che al mattino si prepara a uscire con la figlia…). La riunione di condominio con i mostruosi inquilini coalizzati contro la bella donna che vive sola con la figlia è più spaventosa della notte di Valpurga.

Ci sono soprattutto donne sole e non amate, in questo libro, per un’atavica maledizione, forse, o perché gli uomini sono inconsistenti come foto di attori ritagliate dai rotocalchi (l’ex marito), persi nelle loro elucubrazioni velleitarie (il Professore e lo scrittore), votati a missioni fallimentari (il prete). Tutti ritornano all’ordine: il Professore smette di predicare la santificazione di Robespierre e si fa assumere da una grande azienda; il prete in crisi ritrova la fede perché, provata l’esistenza di Satana, per lui lo è anche quella di Dio; lo scrittore, abbandonate le tentazioni esoteriche, professa il ritorno a una fede semplice e ingenua: «Io ho trovato la fede nelle Madonne dipinte sui marciapiedi dei poveracci. Nei santini naïfs, negli ex-voto, nelle statue che un tempo mi facevano sorridere. C’è più vita nel gesso delle statue dei santi che in tutte le dispute teologiche del nostro tempo»4. Relitti, macerie di una contestazione che fu. La nuova generazione avanza, e ha le fattezze di una "maladolescente" pronta a godersi l’edonismo degli anni Ottanta: «Non scivolerò ridosso ai muri, camminerò nel centro delle strade. Camminerò senza mai fermarmi»5.

  1. Marco Giusti, Dizionario dei film italiani stracult, Sperling & Kupfer, 1999, p. 528.
  2. Manlio Gomarasca-Davide Pulici, La piccola cineteca degli orrori. Tutti i film che i fratelli Lumière non avrebbero mai voluto vedere, BUR, 2009, p. 152.
  3. p. 86
  4. p. 119
  5. p. 178

Scheda del libro

  • Titolo: Un’ombra nell’ombra
  • Autore: Pier Carpi
  • Pagine: 178
  • Editore: Editrice Nord
  • Anno: 1974