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Ho saputo dell’esistenza del libro di Matthew Phipps Shiel, La nube purpurea, da un articolo di Giorgio Manganelli. L’autore di Centuria, solitamente piuttosto distaccato nei giudizi (o snob, ma poteva permetterselo) si lanciava in uno spericolato encomio definendo capolavoro il romanzo dello sconosciuto (a me almeno) scrittore inglese e trovando ingiusto che fosse tanto dimenticato in Italia come in patria.

“Continuò a camminare, in stato di choc. In un secondo o due la vita intera aveva mutato d’aspetto ed era divenuta più chiara, come se fosse stato cieco fin dalla nascita e avesse ora ricevuto i primi barlumi di luce. Adesso, guardando di fronte a sé, non si vedeva più davanti un muro nudo e disadorno, ma vedeva attraverso una tenda oltre la quale la vita si manifestava in modo, sì, incerto, ma almeno percettibile. I suoi passi sul selciato scandivano le parole: ‘Non c’è morte. Non c’è morte’.”

In una Londra del 2078, descritta in modo ingenuamente futuribile, un gruppo di operai ritrova un uomo ibernato da oltre un secolo. Fin qui sembrerebbe l'incipit di un romanzo come molti, tuttavia Il futuro al guinzaglio si discosta nettamente dal filone della FS distopica inglese, raccontando le disavventure di un uomo del Ventesimo secolo (o meglio, degli anni sessanta del ventesimo secolo) in una società interamente dominata dalle donne.

Noi ci entusiasmiamo davanti agli spettacoli della natura e davanti alle opere dell’uomo... ma non ci rendiamo conto di vedere solo una piccola parte della realtà esistente. Cosa vedremmo, se come gli insetti fossimo sensibili agli infrarossi? Cosa si nasconde in altre bande ancora? Cosa c’è dietro la “sinistra barriera” costituita dai limiti della nostra vista?

Vorrei cominciare ringraziando il signor Luigi Di Gennaro (chiunque egli sia), che nel 1975 era abbonato a Urania e ha conservato in perfette condizioni questa copia del libro finita nelle mie mani.

In quell'anno Shipwreck di Charles Logan si aggiudicò il premio per il miglior romanzo di fantascienza inglese indetto dall'editore Gollancz e dal quotidiano Sunday Times. Urania fu rapidissima nel tradurre e pubblicare l'esordio di quella che poteva essere una promessa della science-fiction; purtroppo una laconica pagina su Wikipedia ci conferma che Logan, che ci auguriamo viva ancora, alla ragguardevole età di 84 anni, non ha scritto altro, a eccezione di un paio di racconti rimasti inediti.

«Fuori dello spazio e del tempo, ognuno chiuso in un suo limbo, esistevano i pianeti chiamati Terra. […] Uno era composto quasi esclusivamente di oceani, con poche foreste di alberi giganteschi, distorti, che crescevano nell'emisfero nord; un altro sembrava immerso in un crepuscolo perenne: un pianeta d'ossidiana scura; un altro ancora era un nido di cristalli multicolori, e un altro possedeva un unico continente che formava un anello di terra attorno a una grande laguna. I relitti del tempo, abbandonati, moribondi. […]
Indossava una camicia hawaiana, calzoncini da spiaggia color oro, un paio di scarpe da ginnastica logore, e un berretto da giocatore di baseball. Pesava almeno centoventi chili ed era alto più di un metro e novanta. Un uomo grosso. […]»

Herbert Read nasce nel 1893 da una famiglia contandina, a Muscoates Grange, in Inghilterra. Muore nel 1968 a Malton, sempre nel regno di sua maestà Elisabetta II. Dopo aver combattuto durante la Prima guerra mondiale, fu nominato conservatore al Victoria and Albert Museum; insegnò poi arte all'Università di Edimburgo e intraprese una proficua attività letteraria. Conosciuto ai più per la sua attività di poeta e di critico, in quest'ultimo campo fu in grado di spaziare dalla politica alla letteratura e, soprattutto, alla pedagogia e all'arte. In ambito critico, un autentico classico è rappresentato da Education trough Art (1943, "Educazione attraverso l'arte"), un'opera dedicata al rapporto tra arte e società nella quale Read sviluppò il concetto della "natura dialettica dell'arte". Quest'ultima non è vista come un sottoprodotto dello sviluppo sociale, ma come uno degli elementi originari che vengono a formare una società. Tra i tanti libri pubblicati a suo nome, spicca The green child, l'unico romanzo da lui scritto: storia allegorica e fantastica, di difficile catalogazione, giunge in Italia nel 1952 grazie a Bompiani con il titolo La fanciulla verde.