Fantascienza

Giles ragazzo-capra, di John Barth

Martedì, 03 Marzo 2015

John Barth nasce nel 1930 a Cambridge, nel Maryland. In Italia è conosciuto più come teorico e professore universitario che come scrittore, ignorando il ruolo di primo piano che ebbe nell'ambito della letteratura nord-americana del secolo scorso, grazie a opere originali e mai banali che colpirono non poco sia la critica che il pubblico.Tra queste spicca Giles ragazzo-capra, quarto romanzo dell'autore: scritto nel 1966 e pubblicato in Italia da Rizzoli nel 1972 nella collana Scala, è oggi pressoché dimenticato, con sommo rammarico dello scrivente e di un nugolo di appassionati, visto che il titolo risulta presente in molte "liste" di libri da ristampare che circolano in rete.

Giles ragazzo-capra ha una mole imponente, che quasi spaventa. Dai più definito un romanzo-fiume, dove gli eventi si susseguono freneticamente, in un costante incrocio tra presente, passato e futuro, è ambientato in un'immaginaria mega università, metafora allegorica del mondo intero in un'epoca di Guerra Fredda. Il libro venne accolto con entusiasmo e interesse da parte della critica, tanto da consegnare l'autore alle file dei black-humorists alla stregua di mostri sacri come Thomas Pinchon, Kurt Vonnegut e Joseph Heller, che poi si ritrovarono tutti nel movimento del postmodernismo, l'antesignano dell'elaborazione teorica e della new wave minimalista degli anni Ottanta e Novanta1.

Giles ragazzo-capra non è solo un romanzo postmoderno, ma il classico libro nel quale sedimentano tante possibilità di lettura, da scoprire e percepire un po' alla volta. John Barth costruisce qualcosa di simile all'allegoria: leggendolo si ha la chiarissima percezione che in realtà si stia parlando d'altro. I personaggi drammatici ed esilaranti, le vicende leggere e surreali sono marionette e fondali di cartapesta dietro cui si nasconde un discorso ben più profondo e "realistico". E non si nasconde neppure troppo bene2, seppur rimane complesso capire come inquadrare le 800 e passa pagine che lo compongono: fantascienza, satira, teologia, commedia, ma anche realismo magico o cyberpunk. In quest'ultimo caso, potremmo quasi arrivare a dire che ci troviamo davanti a uno dei primi libri in cui il computer ha un ruolo di primo piano nello sviluppo narrativo, frutto di quella "narrativa cibernetica" lasciataci in eredità dall'Era della Guerra Fredda, definita da David Porush «un'Età Cibernetica e non Atomica» (in L'ascesa della cultura cyborg, ovvero la Bomba era un cyborg).

Bene, detto quanto sopra, chi è o cos'è Giles ragazzo-capra? Qualcuno più sveglio di me l'ha definito un incrocio fra Tarzan delle scimmie e la Sacra Bibbia e trovo che questo connubio calzi a pennello per il nostro libro. Per quanto possa aver capito tra la prima e l'ultima pagina, mi sento di dire in tutta franchezza che la storia narri le gesta di Billy, orfanello allevato in tenera età tra le capre dal Prof. Max Spielman, nella più completa ignoranza, a brucare e fare a testate con le altre capre, a rispettare Max come un dio. Ma il tempo passa e il nostro protagonista deve decidere cosa fare da grande: rimanere una capra e vivere per il resto dei suoi giorni felice e ignaro o diventare un uomo, con le responsabilità e tutto il resto che ne consegue. Billy si convince di essere un messia con una missione da compiere: scoprire e sconfiggere il temibile e sofisticato sistema WESCAC, che minaccia la sopravvivenza del suo microcosmo. Assunto il nome di battaglia George, decide di diventare un eroe, e, per cominciare, di mettersi a studiare.
Barth usa l'università come una metafora della Guerra fredda e divide il suo mondo in campus orientali e occidentali, con gli istituti che ricalcano le caratteristiche delle maggiori potenze del dopoguerra. Gli Stati Uniti corrispondono a New Tammany, la Germania diventa lo Siegfrieder College, l'Asia il mondo monastico di T'ang e l'Unione Sovietica il Nikolay College. New Tammany è guidata da Lucio Rexford, noto anche come "Lucky", un ritratto sottile-travestito del presidente John F. Kennedy. Un'allegoria nella quale l'universo è l'università, che deve essere redenta da un Messia, o Gran Tutor che dir si voglia: attorno a questo concetto Barth costruisce l'insieme di regole necessarie per la comprensione del tutto, con una deliberata fusion tra teologia e mondo accademico; il microcosmo del campus universitario, tormentato dalla contestazioni studentesche al suo livello più degradato e tirannico, diventa una metafora dell'umanità in cerca del suo dio. La salvezza diventa la laurea, i dannati sono i bocciati, la beatitudine si raggiunge con la promozione e così via, senza dimenticare soprattutto l'aspetto geopolitico a mischiare ulteriormente le carte. I college diventano regimi in competizione tra loro, sull'orlo persistente di una guerra tra il campus occidentale e quello orientale, dove si venera il "Fondatore" e tutti gli studenti aspirano a passare il giorno del giudizio. Il fallimento equivale alla dannazione eterna: bocciati! In questo contesto, la missione del Grand Tutor è di evitare lo scoppio del Terzo Riot (Terza guerra mondiale), che incombe su un campus in cui regna il Quiet Riot (Guerra Fredda). L'allegoria con il Dopoguerra è palese.

La cosa più incredibile, al termine del malloppo, è constatare cone Barth abbia pensato a ogni aspetto teologico, sociologico, politico e sessuale della vita nell'università-universo, in un tourbillon di situazioni e informazioni che alla lunga tende a confondere e a sfiancare la tenuta del lettore. Come dicevo, il romanzo si presta a più interpretazioni, tanto che anche il giudizio può essere condizionato da questo aspetto: stupefacente sotto taluni punti di vista, ambizioso e coraggioso, può lasciare l'amaro in bocca, per non parlare della noia, se non si trova la forza di capire, assecondare e mandare a quel paese la miriade di rimandi e rebus disseminati tra le sue pagine. Un libro strano, da consigliare tuttavia con cautela. Facciamo nostre le parole di Piero Scaruffi, abile nel dare un giudizio chiaro alla faccenda. Giles ragazzo-capra è una favola morale sui tempi moderni, sulla Contestazione studentesca, sulle sette religiose, sulla vita universitaria e sull'avanzata delle macchine, fra la satira di costume e la profezia apocalittica alla Orwell; eroicomica, mitologia, fantapolitica e thriller si fondono in un fantascientifico medioevo popolato di fate, streghe, orchi, draghi, esseri malefici, ecc., che però si riannoda sempre a storie del nostro tempo: i moishian perseguitati e disprezzati non sono altro che gli ebrei3e. L'intero romanzo è insomma una lunga e avvincente storia del tutto inutile; la grande quantità di eventi è immensamente sproporzionata alla conclusione; in sostanza, Barth si è precipitato da un estremo all'altro del libro, complicando il percorso con decine di personaggi e centinaia di episodi, lasciando tutti i misteri (l'esatta natura di Wescar, la vera identità di Bray, ecc.) senza soluzione e componendo una storia del tutto invrosimile, che sembra il parto d'un malato di mente paranoico4. Insomma, un libro da leggere, ma anche no. Più che altro da studiare, per essere promossi e aspirare alla redenzione. Amen.

  1. Gianluca Didino, John Barth. L'algebra e il fuoco.
  2. Vincenzo Latronico, Dimmi due cose, Don.
  3. Piero Scaruffi, John Barth.
  4. Ibidem.

Scheda del libro

  • Titolo: Giles ragazzo-capra
  • Sottotitolo: La storia inverosimile di un ragazzo allevato dalle capre...
  • Collana: La Scala
  • Autore: John Barth
  • Traduttore: Luciano Erba
  • Pagine: 1029
  • Editore: Rizzoli
  • Anno: 1972