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I KKK classici dell’orrore sono finiti dal ’72. I Racconti di Dracula agonizzano nelle edicole tra ristampe e anonimato. Sulle rastrelliere immagino valanghe di fumetti porno horror, pocket di facile consumo per militari e viaggiatori annoiati (ma ormai anche il gotico pecoreccio ha ingolfato e Attualità Nera segna nuove rotte verso l’abisso). Per non parlare di miriadi di riviste per soli adulti, pubblicazioni che invadono letteralmente l’immaginario collettivo. In questo bailamme, altrove, in libreria, Sonzogno licenzia un romanzetto che potrebbe essere un degno epigono dei thrilling di Laura Toscano. Occhi di Laura Mars di tale H. B. Gilmour. Harriet B. Gilmour (24 novembre 1939, Brooklyn, New York – 21 giugno 2009, Cornwallville, New York) ha lavorato come copywriter, redattrice e direttore associato del marketing per la Bantam. Ha scritto libri per bambini e novellizzazione di film di successo. Gli occhi è uno di questi ed è a traino del film omonimo, scritto da John Carpenter e dallo sceneggiatore David Zelag Goodman.

(…) vide se stesso, sulla croce della culla e della bara (…).(…) aveva sempre giocato con bari contro cui non era possibile vincere, essendo tutte le carte del gioco predeterminate: si trattava di una partita truccata alla fine della quale sarebbe stato privato anche dell’ultima sua arma, la speranza (…). Questi frammenti di testo racchiudono l’anima – nerissima – di Satantango, il capolavoro dark di László Krasznahorkai: un romanzo oscuro, unico nel suo genere, che può essere compreso solo a partita finita, solo dopo che l’autore ha calato il suo ultimo asso nella manica. Consiglio l'edizione Bompiani del 2016, con la traduzione di Dóra Várnai.

Paolo Falconi è autore del saggio La bella Elvira, l’unico testo che affronti la tematica del Delitto del Corpus Domini del 1947. Ho avuto la fortuna di conoscere Paolo Falconi, giornalista esperto e saggista di grande classe, oltre che persona seria e generosa. In questa sede mi interessa capire alcuni dettagli della sua attività.

Berlusconi è passato dall’altra parte. Alla fine è capitato pure a lui. Un granello di polvere ha inceppato il meccanismo dello storytelling infinito. Nelle ore e nei giorni successivi alla sua scomparsa ho smesso di leggere giornali, di guardare la Tv. Avvertivo un fastidio profondo per quell’invadenza mediatica, per i funerali di Stato, eccetera. Lo dico da subito: non ho mai provato simpatia per il personaggio, non l’ho mai votato e, al solo vederlo, percepivo un senso di fastidio. Non l’ho detestato per la questione delle donnine discinte che gli giravano intorno (figurarsi, non sono un moralista), tantomeno per le accuse, pesantissime, di collusioni mafiose (non amo i complottismi e, fino a prova contraria, non mi piace pensare a un tre volte presidente del consiglio che traffica con gli stragisti) o per i mille processi in cui è incappato (per finire con mille mezzucci quasi sempre assolto, tranne una volta in cui è andato ai servizi sociali); il mio disagio è sempre stato qualcosa di inspiegabile, uno “stare sui cabassisi” a pelle, per quell’aria da smargiasso coi soldi, da piazzista col sorriso di plastica e fondotinta marrone. Poi non amo i narcisisti, i megalomani in generale.

Gli Stati Uniti d’America, per noi europei, costituiscono da sempre un oggetto di studio in tutte le loro sfaccettature, vuoi per l’influenza che da quasi un secolo esercitano sulla cultura di massa, vuoi per uno strano senso di “sudditanza” che ci trasciniamo dietro dalla fine della Seconda Guerra Mondiale o forse perché, molto più banalmente, ci lasciamo sedurre da quel senso di innato ulissismo che caratterizza la loro Storia fin dallo sbarco dei primi coloni dalla Mayflower.

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