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L’anno nudo, di Boris Andreevič Pil'njak

Mercoledì, 31 Agosto 2016

L’anno nudo è un grande romanzo sovietico, anzi è il romanzo dei soviet, della rivoluzione nel suo deflagrare più intenso, all’acme del suo delirio, la catarsi che voleva portarsi via tutto il vecchio in modo quanto mai drammatico e allo stesso tempo creativo.

Nel 1922, quando uscì, nasceva l’URSS, si era allo stremo, la guerra civile era alla fine e dava i suoi colpi più poderosi. La gente soffriva da ben prima del 1917 e con la resa di Brest-Litovsk le cose che ancora potevano peggiorare lo fecero in gran fretta. Ma fu uno scandalo comunque, perché anche nel crollo, in Russia non ci si dimentica della letteratura. Un libro violento, disorganico, corale, fatto di decine di voci che si alternano senza sosta, eppure uno stile epico, a tratti grandioso, a tratti intimo, sgradevole, poetico. I continui passaggi di registro e di storia per raccontare la Storia nel suo attuarsi. Cosa succede davvero quando la rivoluzione entra in città, quando un treno porta i bolscevichi nella pigra cittadina di Ordynin? Che ne è della famiglia di nobili che da generazioni governa quei posti? e dei contadini, degli uomini e delle donne?

In città ogni cosa in maniera di città. L’antica città è morta, la città ha mille anni. Il torrido cielo riversa un torrido rossastro chiarore e la sera vi sarà un lungo crepuscolo giallo. Il torrido cielo è venato d’azzurro e d’infinito, e le chiese, i cunicoli del monastero, le case, le terre – ardono. Un sogno da svegli. Nel deserto silenzio le campane della cattedrale squillano – don, don, don – ogni cinque minuti. In giorni come questi si sogna da svegli.

e in un altro punto:

Sotto le scure immagini ardono i torbidi lumi e sottili lucenti candele. C’è odor d’incenso e di olio di cipresso. Ben presto il principe Boris ritorna nella sua stanza, si mette accanto alla stufa, fa aderire al morto freddo della stufa, il petto, il ventre, i ginocchi, e così rimane, immobile.

Non un comunista Pilniak, ma un compagno di strada, un libero pensatore, un ebreo colto che condivide il cammino della rivoluzione e che in un viaggio in Europa incontra Gide e Joyce, che viene paragonato al Faulkner di L'urlo e il furore, non un emulo, non uno scrittore di seconda fila. Nel 1925 ecco Macchine e Lupi, una conferma, ma i tempi sono cambiati, troppo smaliziato, troppo obiettivo – sulla stampa di regime si parla di pilnjakismo e non è un complimento. Inviso ben presto a Stalin, proverà a riscattarsi scrivendo, come voleva la prassi, un romanzo (Il Volga si getta nel Caspio) sulle grandi imprese idriche dei piani quinquennali che avrebbero voluto sovvertire il corso dei fiumi siberiani. Pare riuscire in un primo tempo, viene riabilitato, è in libertà vigilata, come tutti, nessuno escluso. Poi una sera lo vengono a prendere, di lui non si hanno più notizie. Aveva 43 anni.

Scheda del libro

  • Titolo: L'anno nudo
  • Sottotitolo: Il romanzo dei soviet per antonomasia, uscito nel 1922, anno di nascita dell’URSS
  • Collana: Romanzi moderni
  • Autore: Boris Andreevič Pil'nják
  • Traduttore: Pietro Zveteremich
  • Pagine: 218
  • Editore: Garzanti
  • Anno: 1965