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Il sorriso metallico, di Autori Vari

Martedì, 28 Ottobre 2014

Tra le mille collane di fantascienza nate, e purtroppo poi non vissute a lungo, negli anni '70, i tascabili Longanesi spiccano per qualità e per le copertine di Oliviero Berni: Zelazny, Delany, Ballard... e antologie importate dagli USA, al livello di quelle che Urania proponeva fino a qualche anno prima, se non superiore (come nel caso della preziosa Domani andrà meglio, nella stessa collana).
Questo Sorriso metallico, dalla copertina tra l'angosciante e il sardonico, non è da meno. Il classico tema del rapporto tra uomini e robot (androidi e semplici computer compresi) viene esplorato in ogni sfumatura: servo che si ribella, che ci controlla, che si sostituisce a noi, o che condivide le stesse angosce.

Alla fine degli anni '60 siamo molto lontani dall'ottimismo asimoviano, diretto discendente della fiducia che gli ebrei praghesi avevano nel Golem, loro difensore. In alcuni casi l'uomo viene più o meno gentilmente messo da parte dall'intero sistema produttivo perché obsoleto (come nel tragicomico Nuovo Babbo Natale di Brian Aldiss); più spesso la tradizionale paura di costruire qualcosa di più potente di noi si rivela istantaneamente esatta: è il caso della famosa Risposta di Fredric Brown, che non è il caso di riassumere essendo lungo una pagina. Oppure dello straziante Ti ho fatto io di Miller jr, che ci porta nella mente di un invincibile cyborg che non riconosce più i suoi padroni, e ci mostra con allucinata chiarezza (in soggettiva) la sua intera visione del mondo, una mente primitiva in cui l'addestramento militare ricevuto è diventato qualcosa di sacro. Oppure del bizzarro Poema in versi sciolti di tal Benet (qualcuno su aNobii lo ha definito il più brutto brano di fantascienza mai letto... a me è sembrato divertente, nel suo Kitsch). O infine della Scommessa di Gordon R. Dickson, classico racconto basato su logica ferrea, un po' asimoviano, dove l'uomo viene condannato dalla sua stessa capacità di superare la logica con i paradossi.
Insomma, l'uomo non prevarrà né per forza, né per intelligenza: potrà forse prevalere solo con la demenza, come ci ricorda Scheckley nel suo brillante Scacco matto; o per pura malvagità, stroncando sul nascere l'avanzata delle macchine, come nel satirico Budrys (molto efficace nel descrivere le dinamiche dello sviluppo tecnologico), e nella Furia di Kuttner-Moore, il più psicologicamente drammatico, dickiano nella manipolazione della realtà subìta dal protagonista (nulla a che vedere con il romanzo omonimo).
Ma le macchine potrebbero prendere il sopravvento in maniera più subdola, sabotando la nostra capacità di riproduzione sessuale, nostro tallone d'Achille: come nel malizioso racconto di tal Idriss Seabright (non per nulla in realtà Margaret St. Clair, autrice dell'altrettanto malizioso Segno della doppia ascia).

L'unico a superare la contrapposizione uomo/macchina è Poul Anderson: nel suo Don Chisciotte e i mulini a vento, letterariamente il più bello, l'androide non sfugge all'angoscia esistenziale dell'uomo.
Chiuso il libro, una domanda: quanti di questi interrogativi, davanti all'avanzare del transumano, sono già storicamente superati e "archeologia della fantascienza"?
Traduzione efficace di Daniela Abravanel; nel racconto di Miller si poteva non lasciare juggernaut e behemoth che in italiano non sono molto chiari... il cyborg Brontolo era probabilmente Grunt in originale (come il nano di Biancaneve, appunto), ma in gergo militare sta per "burba" o "spina". La "foresta della pioggia" forse nel '77 si poteva già dire "pluviale".

Scheda del libro

  • Titolo: Il sorriso metallico
  • Sottotitolo: Il classico tema del rapporto tra uomini e robot viene esplorato in ogni sfumatura...
  • Collana: Fantapocket
  • Autore: AA.VV.
  • A cura di: Damon Knight
  • Editore: Longanesi
  • Anno: 1976