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Ultimo indirizzo conosciuto: R. 105, n. 246.

Lunedì, 28 Ottobre 2013

L’aspettativa di ritrovamenti meravigliosi anima chiunque sia davvero appassionato di qualcosa. L’eccitazione della scoperta non è un’emozione universale e condivisa, tuttavia è un’emozione con una caratteristica unica: rimane tale e quale dall’infanzia all’età adulta, fino alla vecchiaia. L’appassionato (di libri, nel nostro caso, e di qualsiasi cosa, anche la più strana e marginale) ha un entusiasmo caparbio e sognante di cui gli altri a volte sorridono, senza rendersi conto che questo slancio ingenuo (“infantile” in un senso del tutto positivo e vitale) è una potente risorsa contro le difficoltà, le miserie, i drammi della vita; è un “pieno di cuore” che contrasta il vuoto e la mancanza di senso; è un’arma magica capace di esorcizzare persino la morte. Perché se è vivo il “fanciullino” dentro, la fine di certo è lontana.

Forse Emilio de’ Rossignoli sarebbe stato d’accordo. Le sue pagine trasmettono il calore dell’autentico cercatore:

“La curiosità mi portò a fare qualche ricerca presso librerie e biblioteche; non trovai nulla. Non esistevano libri sui vampiri. La difficoltà di raggiungere un risultato positivo, mi spinse a insistere. […] Da allora, ho letto centinaia di volumi, ho interrogato migliaia di persone, sono stato sui luoghi della leggenda. Con un paziente lavoro di mosaico durato molti anni, ho raccolto e selezionato ogni frase, ogni notizia, ogni dettaglio. Ora, conosco la verità. E credo nei vampiri.”

C’è molto di lui nel folgorante incipit di Io credo nei vampiri: la fiamma e la costanza dell’appassionato; il gusto del paradosso (un saggio con pretese di accurata documentazione che comincia con un articolo di fede); la scrittura veloce e precisa che punta all’emotività del lettore. E una certa obliquità, dissimulazione che lascia sempre il dubbio: “non sarà una gran presa per i fondelli?”.

Mica da escludere. A p. 297 dell’edizione Gargoyle (2009; l’originale è del 1961, Luciano Ferriani Editore), nel capitolo Lilith, de’ Rossignoli recensisce un romanzo della scrittrice Jarma Lewis (“nata in Cecoslovacchia, ma da molti anni residente negli Stati Uniti”) in cui la vampira è un’inedita (per i tempi) eroina positiva: se “l’uomo è diventato atroce”, “il vampiro è diventato umano”. Una trama decisamente moderna. Jarma Lewis in realtà era un’attrice (poco nota) il cui nome fu usato come pseudonimo da de’ Rossignoli stesso per Il mio letto è una bara.

A rendere straordinario Io credo nei vampiri non sono solo la bizzarria della struttura, la quantità di informazioni, la limpidezza della scrittura. È soprattutto il tentativo costante di svelare il senso psicologico, antropologico, profondamente umano dei miti (fatti?!) presi in considerazione: “Io credo nei vampiri”, cioè in questo incredibile, terrificante, mostruoso essere che è l’Uomo.

Di certo anche Emilio avrà riflettuto sul significato esistenziale dell’appassionarsi tenacemente a qualcosa. Ma a chi si sarebbe appassionato ai suoi scritti (e a lui) non ha pensato: a quello non credeva, era troppo autoironico (e forse schivo, modesto?). Di sé non ha praticamente lasciato tracce. O ha voluto rendere più ardua (e quindi appassionante) la ricerca?

Le informazioni biografiche su di lui sono pochissime, di fatto quelle riportate da Danilo Arona nella prefazione a Io credo nei vampiri:

“Nobile di origine dalmata, Emilio de' Rossignoli nacque a Lussino in provincia di Pola, nel 1920. Dopo gli studi compiuti a Trieste e a Genova, si dedicò al giornalismo, specializzandosi nel campo dello spettacolo. Figura poliedrica di vastissima cultura, spaziò con disinvoltura dalla critica cinematografica e televisiva ai reportage di costume fino alla cronaca nera. Oltre a scrivere su quotidiani generalisti, de' Rossignoli fu una firma di spicco di periodici di settore come Festival, Novellefilm e Hollywood; collaborò anche con il cinegiornale di attualità La Settimana Incom e con il rotocalco Settimo Giorno, e partecipò alla breve avventura della storica rivista di Gino Sansoni, Horror - a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta - dove teneva un'erudita e divertente rubrica intitolata Orizzonti del fantastico. All'insegna della versatilità fu anche il rapporto che de' Rossignoli ebbe con la letteratura: egli, infatti, si cimentò con la saggistica, il romanzo rosa, il poliziesco e la fiction avveniristica. Oltre a Io credo nei vampiri - certamente la sua opera più importante -, ricordiamo i romanzi: H come Milano (1965), Lager dolce Lager (1977), Concerto per una bambola (1981), Strega alla moda (1981) e La donna di ghiaccio (1982). De' Rossignoli è morto nel 1985, a Milano.”

L’ultima informazione non è del tutto esatta. Emilio de’ Rossignoli è morto il 28 dicembre del 1984 e le sue spoglie sono a Milano, al cimitero di Lambrate, Riparto (sì, con la “i” nel linguaggio cimiteriale) 105, n. 246.

Non riceve visite da tempo: il lume rotto, i fiori di plastica, le ragnatele. Dai documenti che abbiamo richiesto all’anagrafe risulta che fosse sposato, ma forse non è rimasto nessuno. Nessuno che possa raccontare qualcosa di lui, che sappia che fine hanno fatto le sue carte, i ritagli di giornale che amava collezionare, la sua biblioteca… Di certo abitava in zona Lambrate (non a caso il luogo del “rifugio” in H come Milano).

Noi continueremo a parlare di lui e dei suoi libri, e continueremo a cercare, con la tenacia e la fede un po’ donchisciottesche dei sognatori.