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Strani fatti, di Raphael A. Lafferty

Lunedì, 17 Marzo 2014

Il titolo originale, Strange Doings, più che a "fatti", allude a strani "modi di fare". Lo sottolineo perché la caratteristica di questo autore, bizzarro e oggi un po' dimenticato, consiste proprio nel riprendere temi classici della fantascienza e nel trattarli nel modo più "strano" possibile: deformandoli, distorcendoli... mai trattandoli nel modo razionale più tipico della fantascienza classica. E siccome è l'approccio, e non la materia trattata, a definire il genere, direi che questa non è fantascienza: al massimo, meta-fantascienza.

Adesso ho il dovere di spiegare questo parolone. Lafferty fu un uomo di vasta cultura: oltre alla conoscenza tecnica che ci possiamo aspettare da un ingegnere elettronico, mitologia classica, cultura cristiana (cattolica, nello specifico), leggende dei nativi americani completano il cocktail della sua formazione.

A livello narrativo-formale, il suo approccio è quello di trattare il tema fantascientifico come se fosse un'antica saga o un racconto da osteria: qualcosa che il narratore può fare e disfare, giocando con il suo ascoltatore come il gatto con il topo. Tutti i trucchi valgono: narratori diversi che interferiscono in uno stesso racconto (Scogliere che ridevano), piani temporali che si spostano e narratori che sembrano capire meno degli ascoltatori (Continua sulla prossima roccia); paratesti di diverso genere e citazioni da libri immaginari (Crisolite intero e perfetto), inserti di poesia tradotta da lingue sconosciute... accorgimenti che confondono un lettore "razionalista" ma arricchiscono il racconto di piani di lettura.

Frequenti sono l'iperbole inspiegata, dal retrogusto complottista:


«A quei tempi c'era una cricca di sei uomini che controllava tutto. Ogni novità passava per le loro mani, o finiva nel nulla» (L'uomo dagli occhi screziati)

e il paradosso:


«Il progetto TID veniva portato avanti da una dozzina d'anni senza veri progressi verso i suoi obiettivi. Sarebbe stato abbandonato da lungo tempo se non fosse stato per le scoperte collaterali in altri campi [...] Al Progetto erano assegnate una mente eccellente e parecchie menti ottime: nessun altro progetto all'epoca poteva vantare altrettanto» (Niente parole).


La tecnologia è qualcosa di leggendario, da fiera o da fumetto, tanto più precisa quanto più assurda:

«Costruì un razzo che poteva portare merci in Inghilterra in tredici minuti per sette centesimi al mezzo quintale. Questo nel 1805. Scoprì la fissione nucleare ed i suoi usi energetici nel 1813, e in quattro anni ne aveva ridotto il prezzo al punto che poteva essere usata per dissalare l'acqua di mare per l'irrigazione di cinque milioni di miglia quadrate di terre desertiche.»

«Costruì una Macchina Pensante per risolvere i problemi che era troppo occupato per risolvere, ed una Macchina per Previsioni, per porgli nuovi problemi ed aree di interesse.» (Rainbird)

La religiosità di Lafferty non è mai direttamente un tema, ma si percepisce nella venerazione di possenti e magiche figure femminili:

«"Quelle ragazze erano come vulcani" disse l'uomo. "Montagne snelle, forti, e le abbiamo scalate proprio come montagne. Gente, che ascensioni! Le spalle erano scogliere che ridevano. L'ondeggiare..."» (Scogliere che ridevano);


nell'ammirazione per gli umili:


«il professor Aloys era diventato grande malgrado la (o forse a causa della?) povertà. Aveva sviluppato la sua teoria migliore, una serie di diciannove equazioni connesse tra loro di armonia e semplicità cosmiche. L'aveva sviluppata su un grande pezzo di carta da macellaio intriso di sangue di pecora, e l'aveva data così al mondo.» (Aloys);


nella gioiosa meraviglia, insomma, con cui è accolta la folle complessità del mondo: Lafferty è come un frate medievale che compili un bestiario con unicorni e sirene.

Leggendo questi racconti, così originali e al tempo stesso così destrutturati rispetto alla fs classica, viene da pensare che Lafferty sia il GK Chesterton della fantascienza...
A livello stilistico, il linguaggio è di una ricchezza ed esagerazione degne del miglior barocco: la traduzione di Paolo Busnelli fa del suo meglio per non restare indietro, ma questo è uno dei casi in cui si vorrebbe avere sotto mano l'originale.
A livello tematico, infine, come abbiamo detto, i temi principali della fantascienza ritornano tutti, solo per essere "utilizzati", ma non si tratta di un semplice gioco. Sottesa a questi racconti, infatti, c'è l'ansia di scoprire le basi nascoste della realtà: sempre molto diverse e molto più ricche rispetto a ciò che vediamo, e che si possono intuire solo se non rifiutiamo – anzi, al contrario, ci abbandoniamo – a illuminanti contraddizioni di paradossi temporali, mitologia greca, leggende pellerossa...

Lafferty Aranea

Quindi... che sapore lascia, questo cocktail? Di molte riletture fantascientifiche che ho fatto in questi mesi, riprendendo autori che mi avevano conquistato da adolescente, questa l'avevo lasciata tra le ultime: la magia che ricordavo, così difficile da definire, la continua sorpresa di questo autore, mi facevano temere che la sua grazia fosse troppo fragile per resistere al passare del tempo.
È stato così. Ma non per la solita ragione, che la bellezza del libro gliela dava in buona parte la mia immaginazione (come per i fumetti Marvel, o i romanzi più reboanti di Farmer, tipo I fabbricanti di Universi). Al contrario: sono io che non ho più l'agilità di spirito per seguire questo folletto nelle sue piroette...
E ci tengo quindi a concludere questa recensione con un gioiellino in tema, ancora più irreperibile della raccolta Strani fatti: il racconto Indietro non si torna, pubblicato nel 1982 nella versione italiana della rivista di Isaac Asimov, n. 5 (traduzione, migliore della precedente, di Vittorio Curtoni). Una struggente storia bradburiana di infanzia – perduta per sempre – trascorsa nelle campagne del Midwest, con la geniale invenzione di una luna orbitante in un canyon del Mississippi, che può essere richiamata solo da un flauto indiano e raggiunta solo da bambini e mezzosangue; una luna minuscola, ma dotata di caverne abitate da mostri nascosti... e di gravità sufficiente a trattenere anatre e capre, ma non uomini e mucche, che devono stare in equilibrio in cima! Dopo averla visitata ogni estate tra i 9 e i 12 anni, il protagonista e i suoi amici la dimenticheranno, per ricordarla poi da adulti smagati, convinti che fosse solo nella loro immaginazione. Ritroveranno la strada, invece: ma il tempo sarà passato impietoso anche sulla "loro" luna...

Lafferty Mucca

Scheda del libro

  • Titolo: Strani fatti
  • Collana: Robot, N.31
  • Autore: Raphael A. Lafferty
  • Pagine: 222
  • Editore: Armenia Editore
  • Anno: 1972