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Sissignore, di Vanni Mingardo

Mercoledì, 21 Marzo 2018

Sissignore, non ho proprio idea da dove partire. Sissignore è un libro di difficile catalogazione, con il suo essere tante cose: ucronico, realista, di denuncia, sociologico, religioso e forse molto altro. Faccio mie le parole della quarta di copertina, perché la dicono lunga sulle 130 pagine che compongono l’intero romanzo. Perché alla fine di romanzo si tratta, almeno su questo non ci sono dubbi.

«Questo libro non piacerà al padronato e non piacerà al proletariato; non piacerà ai reazionari e non piacerà ai rivoluzionari; non piacerà ai letterati e nemmeno ai teleabbonati. Nessuno capisce perché sia stato stampato…»

Sissignore è stato stampato a Mantova nell’ormai lontano 1972. La data è importante, perché a suo modo parliamo di un’opera molto particolare, anticipatrice di molti temi e che avrebbe sicuramente meritato ben altra fortuna. Il finale non lascia scampo, non c’è speranza per la razza umana, questo sembra essere il messaggio lanciato da Vanni Mingardo, capitolo dopo capitolo. Sono partito dalla fine, probabilmente perché ci sono rimasto male, mi aspettavo il colpo di coda che lasciasse un briciolo di speranza, qualcosa per cui andare a letto felice. Onore a Vanni Mingardo, non è mai facile essere catastrofici. Fine della spoilerata.

Dicevo, prima del gran finale di cui ho già anticipato fin troppo, che Sissignore è un potpourri, un mélange di tante cose con una forte connotazione satirica, da tutto contro tutti. Il romanzo prende in via dal Risorgimento Italiano e si sviluppa poi nell’Italia del boom economico, con qualche sfasamento rispetto alla realtà descritta sui libri di storia. A farla da padrone è un eccentrico vecchietto di quasi duecento anni, completamente rifatto da capo a piedi grazie ad una molteplicità di protesi artificiali (compreso un pene in caucciù) da lui inventate e brevettate. Questa particolarità lo ha reso molto ricco, longevo ed importante: la sua azienda è diventata una conglomerata, che dal business degli arti si è via via spinta verso altre imprese ed altri commerci. La sede di tutto questo è nel grattacielo più alto della città, ben visibile da ogni punto cardinale, in modo che si sappia sempre chi comanda. La vita all’interno dell’edificio ricorda un po’ il mondo del ragionier Fantozzi, con adunate settimanali, adorazione del super presidente, mega direttori ai piani alti, uscieri e portinai a presidiare gli ingressi come se si trattasse di una dogana: mitra per chi non si presenta vestito come da regolamento e macchina che controlla le idee, perché gli impiegati non devono avere idee, non devono pensare ma solo eseguire. Il romanzo di Paolo Villaggio è quasi contemporaneo a Sissignore, a dividerli sono solo pochi mesi, a dimostrazione di come i primi anni dei Settanta fossero l’humus ideale per mettere nero su bianco i problemi e le criticità dei colletti bianchi.

Colletti bianchi contro operai, ma anche contro i padroni e pure contro se stessi. Il filo conduttore che lega le pagine del libro è il conflitto, esplicato in ogni sua forma, da quello generazionale a quello politico, da quello di classe a quello tra i sessi, senza dimenticare quelli interiori. Perché ad affrontare tutti questi problemi troviamo pur sempre un uomo, il protagonista, un impiegato alle prese con la complessità della vita, desideroso di non avere nulla di meno dei suoi colleghi, di apparire come tutti gli altri e di dare la possibilità al proprio primogenito di diventare qualcuno, di scalare ulteriormente la scala sociale, costi quello che costi. Sogni che probabilmente ogni padre ha avuto modo di vivere in cuor proprio, magari condividendoli con la legittima consorte. Moglie e figlio naturalmente non mancano nel libro, ne sono parte integrante, contribuiscono a creare conflitti, si fanno vittime e carnefici, a seconda del caso. La consorte, non bella ma dal gran “posteriore”, è una figura ambigua, capace di creare non pochi grattacapi al nostro uomo ma al tempo stesso di sostenerlo nei momenti del bisogno. Conflitti, sempre conflitti, alla fine Sissignore è un concentrato di conflitti, anche se Mingardo non si azzarda a cercare soluzioni, si limita ad esasperare alcuni atteggiamenti del vivere contemporaneo. Anche quando qualcosa potrebbe accadere, quel qualcosa viene radicalmente messo a tacere. Fine.

Sissignore rimane l’unico romanzo scritto da Vanni Mingardo, che invece come autore teatrale ebbe modo di firmare molte commedie di successo, spesso in coppia con Rino Silveri, uno dei senatori della scena milanese. Nel giugno del 2012, in occasione del funerale di Mongardo, Silveri lasciò questa testimonianza1: «Vanni era quel che si può dire un bell'ingegno, estroso, con una notevole capacità di scrittura, ricca di idee da sviluppare teatralmente». Sissignore testimonia il saper scrivere di Mingardo, la sua capacità di immaginazione, oltre i limiti del realismo. Perché alla fine il dubbio sorge spontaneo: stiamo parlando di un libro fantastico? O di fantascienza? La risposta non è semplice, così come per altri libri usciti nel medesimo periodo, tipo Lo smeraldo di Mario Soldati o Orfeo in paradiso di Luigi Santucci, inserirli in un contesto chiaro sarebbe oltremodo riduttivo. Sissignore si differenzia per la vena satirica che lo contraddistingue e per essere meno onirico dei due appena citati: siamo in una società molto simile alla nostra ma dove i difetti del consumismo sono esasperati. A distanza di così tanti anni dalla sua stesura, possiamo dire che ci stiamo avvicinando a quanto profetizzato dall'autore.

Vanni Mingardo era una figura eclettica, oltre che scrittore e autore teatrale: assunto dal comune di Suzzara, fece il vigile urbano e il messo conciliatore dal 1965 al '97. In età giovanile fu tra gli animatori della grandiosa stagione della Bancarella di Giovanni Piubello3, sotto i portici di piazza Erbe a Mantova, calamita di estrosi personaggi come Vanni, Vladimiro Bertazzoni e Giuliano Parenti. Ma questo è un altro articolo, tutto da scrivere, così come sarebbe da ripubblicare Sissignore, perché come spesso succede è quasi più attuale oggi di quando fu scritto.

  1. Vanni Mingardo sceneggiatore da Suzzara ai teatri milanesi, Gazzetta di Mantova, 26 giugno 2012
  2. Noi matti beati da trent’anni senza Piubello, Gazzetta di Mantova, 15 gennaio 2013

Scheda del libro

  • Titolo: Sissignore
  • Autore: Vanni Mingardo
  • Pagine: 130
  • Editore: Sandi
  • Anno: 1972