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Etaoin, di Beniamino Dal Fabbro

Lunedì, 15 Maggio 2017

Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit? Macché, è evidente che su questo sito piacciono più le cose dimenticate e da riscoprire, per cui al bando il lorem ipsum e viva l’etaoin shrdlu, espressione un tempo usata dagli operatori delle Linotype per testarne l’efficienza. Su queste macchine per la composizione tipografica le lettere erano ordinate  in base alla frequenza d'uso, e quelle di etaoin shrdlu comparivano in ordine sulle prime due colonne da sinistra. Spesso, quando facevano un errore, gli operatori scorrevano con il dito sulle due colonne per inserire la stringa di testo, segnalare la presenza di un errore e ritrovarlo più facilmente in seguito1. Col tempo l’espressione cominciò ad essere utilizzata anche in modo ironico e spiritoso, tanto da condurci al bellunese Beniamino Dal Fabbro e al suo ultimo romanzo edito, Etaoin.

Beniamino Dal Fabbro è una figura alla quale stanno strette le facili etichette: poeta, scrittore, giornalista, musicista e critico musicale, collabora nel tempo con diversi quotidiani tra cui Il Giorno e Avvenire, oltre a darsi da fare come traduttore, per opere di Flaubert, Camus, Proust, Rilke, Baudelaire, solo per citarne alcuni. Nato a Belluno nel 1919, trova a Milano il terreno fertile per lasciare un segno nell’ambito delle arti e della letteratura, ambiti in cui spicca per versatilità e originalità, toccando i generi più disparati: romanzo di formazione, narrativa epistolare, racconto di viaggio e romanzo fantastico. É in quest’ultima accezione che ci interessa la prosa di Dal Fabbro, quando nel marzo del 1971 pubblica Etaoin per Feltrinelli, originale sia per la forma che per il tema trattato: un'accesa invettiva contro le convenzioni e l'intera industria editoriale che, anche a distanza di anni, non può che trovarci d’accordo. 

Che Etaoin sia un libro non solo fantastico ma anche surreale ed irriverente è palese fin dalle primissime pagine, tanto che personalmente non ho difficoltà ad affermare che per certi versi la lettura del romanzo mi ha ricordato Jorge Luis Borges e alcuni dei temi a lui cari, come i libri o il concetto di doppio: mai nulla è come appare, nemmeno le lettere, figuriamoci i caratteri. L'apparente "non-senso" del fonema Etaoin acquisisce significato, a discapito del "con-senso" generato dal vociare continuo fatto da televisione e spot pubblicitari, che invece diventa indistinguibile, incomprensibile, un continuo bla-bla-bla inutile, svilente e cacofonico. Pagina dopo pagina, Dal Fabbro allarga il tiro, esce dalle pagine, si getta non solo contro l’editoria ma anche verso l’intera industria culturale, rea di parlare molto senza dire nulla: eatoin, etaoin, etaoin, etaoin, etaoin. Ma che vorrà mai dire? E chi può saperlo, il dubbio è lecito, ogni giorno etaoin, etaoin, etaoin, vorrà pur significare qualcosa. Pagina dopo pagina, ci si accorge che Dal Fabbro, a tal proposito, aveva le idee molto chiare: etaoin non è altro che un errore di stampa, lo specchio dei nostri tempi, un errore di stampa esteso a sistema di vita, a società, ad un'intera nazione.

Etaoin è anche un libro, e come tale ha una trama: è la storia di Anadio Bisconda fu Arcangelo, che decide di trovare un editore per il suo libro, un libro da inventare che ancora non esiste, e che riceve il diniego da parte della casa editrice Athena. Una trama nella trama senza trama, etaoin, etaoin, etaoin, etaoin… Anadio decide quindi di pubblicare autonomamente le proprie fatiche letterarie, le proprie elucubrazioni, mettendosi a cercare un tipografo analfabeta, che non possa capire e modificare nulla di quanto mandato in stampa: sistemare la Linotype e via andare, senza mettere becco. Lo trova nella strana figura di Poliuto Graf, linotipista,ideatore di un congegno in grado di far esplodere i tubi catodici dei televisori nel raggio di 1200 metri e incapace di leggere per via di una menomazione della vista che rende tutto infinitamente piccolo, circondato da personaggi forse più strambi di lui -i Nipoti di Serapione - con i quali ha a che fare in una casa “fungo” alle porte di Milano, dove vive con la moglie e la figlia Lyna. Insieme cospirano di mettere in atto una rivoluzione che possa eliminare tutto l’etaoin che annacqua il sistema sociale, ingessato dalle convenzioni e al limite del collasso, forse già collassato.

Le micce della rivoluzione predisposta da Poliuto e dai Nipoti di Serapione prendono fuoco, letteralmente, in occasione della prima calciopartita sulla Luna (o così viene fatto pensare) tra America e Russia, quando tutti gli abitanti della città, con televisore in spalla, scendono in piazza per celebrare l’avvenimento, in una sorta di orgia collettiva, di apoteosi della calciocrazia, di messa laica dove pallone e tubo catodico assurgono al ruolo di elementi sacri del vivere civile. Poliuto ci mette del suo, ad un certo punto provoca una fulminea disintegrazione di tutti gli apparecchi intervenuti all’evento, che lasciano poi colare dal buco creatosi dall'implosione una massa informe e raggrumata di etaoin, di parole, di sensi e non sensi, di ridondanza ed entropia, di etaaoin, etaaoin, etaaoin, arrivando a ricoprire le strade, sommergendo inesorabilmente ogni cosa.

Leggere la seconda parte del libro è illuminante, sembra non di essere nei primi anni Settanta ma ai giorni nostri, perché Beniamino Dal Fabbro anticipa di qualche decennio alcuni dei problemi con i quali ci confrontiamo quotidianamente: proliferazione delle notizie, veridicità delle stesse, fake news, analfabetismo funzionale, democrazia (o dittatura) del calcio, morte della lingua italiana e molto, molto altro, in un caleidoscopio volutamente incomprensibili, al limite dell’etaoin, etaoin, etaoin. Certo, Dal Fabbro colloca la storia in un periodo ben preciso, diciamo tra il 1969 (uomo sulla Luna) e l'inizio della distensione post Guerra Fredda, ma le problematiche che affronta sono decisamente scappate di mano, sono uscite dal tubo catodico, hanno raggiunto la nostra via, i nostri vicini, forse anche noi. Etaoin ha diversi livelli di lettura, alcuni sotterranei e trasversali, che risultano più evidenti se si conoscono le chiavi per decifrarli. Uno di questi passepartout, il più evidente, è rappresentato dal tipo di società frequentata dall'autore, quella Milano del Secolo Ambiguo, il Novecento, in cui si scontrano progresso tecnologico, modernità e valore della vita umana. Etaoin è il frutto materiale  di tale scontro, è il frutto materiale del degrado di quel periodo, capace di avvelenare tutto e tutti, compresa questa recensione. Non lo dico per nulla, probabilmente il difetto maggiore del libro è la difficile comprensione del tutto, di cosa diavolo sia questo Etaoin, del perché Dal Fabbro si scagli contro l'editoria per poi chiamarsene fuori, pubblicando per Feltrinelli, certamente non un nome qualsiasi, forse non scelto a caso. Chissà cosa pensava Giangiacomo Feltrinelli di questo libro, del duro atto d'accusa in esso contenuto. Non lo sapremo mai...

Etaoin non ha avuto il successo auspicato, se si esclude qualche buona critica le vendite non furono esaltanti, tanto che alla prima edizione del 1971 non ne seguirono altre. Scritto con un linguaggio asciutto, spinto al massimo nella sua tensione espressiva mediante l’uso di frequenti neologismi, di parole nuove ed inventate, Etaoin è un libro che nonostante gli anni appare ancora moderno, capace di toccare i tasti dolenti della condizione umana, quei problemi irrisolti con i quali ancora oggi abbiamo a che fare. E scusate se è poco. Etaoin, etaoin, etaoin.

  1. Storia del "lorem ipsum", di Ludovica Lugli

Scheda del libro

  • Titolo: Etaoin
  • Collana: I narratori
  • Autore: Beniamino Dal Fabbro
  • Pagine: 204
  • Editore: Feltrinelli
  • Anno: 1971